CERCANDO IL PAR'MACH NEL POSTO SBAGLIATO (G)
Meno sorridente, forse, era Lenara, che oltre a non apprezzare particolarmente la cultura klingon in sé e per sé, non guardava di buon occhio l’amicizia instauratasi tra la compagna e Worf: era molto difficile, infatti, che la donna riuscisse a uscire dalle sessioni di allenamento con la bat’leth, o qualsiasi altra arma bianca klingon, senza qualche costola incrinata o qualche livido di troppo. Se a ciò si aggiungeva anche il fatto che, proprio recentemente, Worf aveva anche tentato di avviare un rituale di accoppiamento Klingon proprio con Jadzia, la quale (conscia dei costumi Klingon) era stata in grado di rimettere al suo posto il collega senza troppi intoppi e senza infangare ulteriormente il suo onore, la possibilità che Worf e Lenara diventassero buoni amici era diventata davvero remota.
«Immagino che Worf abbia imparato la lezione una volta per tutte,» osservò Ferrari, nel vano tentativo di smettere di ridere all’immagine che Dax le aveva dipinto poco prima, parlando di un Worf abbattuto, di ritorno ai suoi alloggi sulla Defiant. Jadzia inarcò un elegante sopracciglio, meno divertita di quanto non lo fosse all’inizio della loro conversazione via subspazio: «Worf è Klingon fino al midollo, nonostante sia stato cresciuto da degli umani. Il rituale si è concluso rispettando il loro codice d’onore, indipendentemente dalla sua conclusione: non ritenterà l’esperienza, soprattutto con il rischio di essere disonorato dalle sue azioni. Inoltre,» aggiunse, rivolgendosi più a Lenara che a Ferrari, ma comunque guardando verso l’umana, «gli ho reso ben chiaro come Lenara sia la mia Par’Mach’kai.»
Allo sguardo interrogativo di Ferrari, Dax si affrettò a spiegare, ricordandosi all’ultimo che l’altra donna, per quanto interessata alla cultura Klingon, non era così ferrata in materia come poteva esserlo lei, complici anche e soprattutto le esperienze di uno dei suoi ospiti precedenti, Curzon: «Per i Klingon, il termine indica il proprio partner. Di vita.» Scrollò le spalle, un po’ a disagio sotto lo sguardo ora penetrante di Kahn, al suo fianco e Ferrari si affrettò a intervenire, percependo una sorta di pericolo latente nell’aria: «Credo sia tempo di salutarci, questa notte sarò di turno in plancia…»
Dopo qualche saluto, caloroso per quanto veloce, la comunicazione tra gli alloggi condivisi di Kahn e Dax su Deep Space 9 e quelli della Ferrari sull’Europa si interruppe, lasciando nella penombra dell’architettura cardassiana della base le due Trill.
Jadzia si mosse un po’ a disagio sulla sedia che occupava di fronte al terminale posto sulla scrivania, lo sguardo penetrante di Lenara che sembrava perforarle la nuca. Dopo che lei e Worf avevano aiutato, da remoto, Quark a conquistare i favori di Grilka, il Klingon l’aveva colta di sorpresa, quando aveva avviato quello stesso rituale di accoppiamento con lei.
Utilizzando una scappatoia presente all’interno di quelle stesse tradizioni, Jadzia era riuscita a farlo desistere e a fargli capire che non c’era storia: la sua passione per la cultura Klingon non era tale da giustificare un eventuale interesse, nei suoi confronti, diverso rispetto a quello mostrato fino a quel momento. Lo considerava un guerriero formidabile, anche un buon amico, al fianco del quale si sarebbe sempre battuta, pronta a parargli le spalle e a fidarsi che lui facesse lo stesso con lei, ma niente più di quello.
Era anche vero che considerava Lenara come il proprio partner di vita, quindi a rigor di logica non aveva poi mentito a Worf, quando aveva definito la compagna con il termine klingon Par’Mach’kai, ma le due donne effettivamente non erano sposate secondo i canoni di nessuna cultura.
A ciò si aggiungeva il fatto che non avessero mai affrontato, di persona, il discorso prima di quel momento, nonostante vi fosse l’intenzione da entrambe le parti di prendere coraggio e, appena la possibilità si fosse presentata, parlarne.
«Sì. Ho detto di sì, per il Par’Mach’kai, per me è un sì.»
Quando, infine, la rimise a terra e si staccarono quel tanto che bastava per guardarsi negli occhi, erano entrambe decisamente commosse. «Non pensavo saremmo mai riuscite ad affrontare il discorso,» ammise Kahn, dopo che riuscì finalmente a recuperare il respiro, e sorrise con dolcezza a Dax, prima di continuare: «Era da un po’ che ci riflettevo sopra, ma non sembrava mai esserci l’occasione giusta, tra le tue missioni e le mie ricerche… forse avevo solo paura delle ‘conseguenze’ e trovavo ogni scusa possibile per rimandare.»
«Anche io avevo paura,» ammise Jadzia, «ma a essere onesti avrei paura anche adesso.» Le sorrise, leggermente imbarazzata, ma continuò: «So che è irrazionale, entrambe abbiamo le esperienze degli ospiti precedenti dei nostri simbionti ad aiutarci e, in un certo senso, siamo già state sposate, sebbene non proprio noi in prima persona.»
Passò le mani sulla schiena della compagna, sfregandola con affetto: «Ma so anche che con te sarà tutto nuovo, tutto diverso, tutto da vivere. E ho il terrore di deluderti, di perderti, di morire come successo con Torias e Nilani. Ma sono io, Jadzia, che provo queste cose e Dax al momento è silente, forse per rispetto o semplicemente perché ritiene che sia giusto che io affronti ‘da sola’ una situazione a lui tanto consueta.»
«Ehi,» lo sguardo di Lenara per un attimo si offuscò, mentre affioravano quasi a bruciapelo i ricordi del dolore che Nilani, precedente ospite di Kahn, aveva provato quando Torias era morto, di fatto strappandole via la felicità che avevano conosciuto assieme per così poco tempo, «ne abbiamo già parlato, so che farai di tutto per ritornare sempre da me. E affronteremo assieme tutti gli ostacoli che avremo davanti a noi.» Le sfiorò con dolcezza il volto con una mano: «Non prometto che non discuteremo, quello sarà inevitabile, secondo me, anche se non ci farà piacere farlo. Ma prometto che rimarrò sempre al tuo fianco, come so che tu rimarrai al mio.»
«Sempre,» promise Jadzia, «e farò in modo che Worf non sia più un problema per te. Per noi.» Grata per le parole della compagna, Kahn la baciò nuovamente con passione. Tutto il resto passò, nell’immediato futuro, in secondo piano: esistevano solo loro.
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