Non appena rientrati su Deep Space 9 dopo l’incidente con la Defiant, ora nelle sapienti mani del Capo O’Brien per le dovute riparazioni, la Dottoressa Kahn era stata immediatamente accompagnata in Infermeria, dove il Dottor Bashir non aveva perso tempo e si era subito occupato di lei, assicurandosi che le radiazioni non le avessero creato difficoltà di alcun tipo.
Qualche ora più tardi, la donna si trovava nei suoi alloggi, distesa su una sorta di lettino richiamante quasi, in alcune delle sue forme, le sdraio tipiche del XXI secolo terrestre, affiancata da un premuroso e protettivo Bejal, che giusto in quel momento le stava servendo una fumante tazza di tè trill.
Il campanello trillò proprio nel momento in cui il Dottor Otner passava la tazzina alla sorella, la quale disse al visitatore ancora sconosciuto di entrare. Mentre beveva un sorso della bevanda calda offertale dal fratello, le porte dell’ingresso si aprirono sul Tenente Comandante Jadzia Dax, Ufficiale Scientifico Capo di Deep Space 9 e colei che, sulla Defiant, le aveva sostanzialmente salvato la vita.
Otner si alzò in piedi, mentre Dax domandava a Lenara come si sentisse, considerato appunto quanto successo. Fu lo stesso Bejal a rispondere, ora completamente in piedi e ritrovatosi di fronte a Jadzia: «Molto meglio. Si è quasi ristabilita.» La malata sorrise nella tazza, prima di rispondere divertita: «Mio fratello, il dottore.» Dal canto suo, Otner si limitò a lanciarle uno sguardo indulgente, prima di ritornare a rivolgersi a Dax: «Vorrei ringraziarla per quello che ha fatto. Lenara, per me, è molto importante.»
Jadzia, nel rispondergli, lo guardò con una intensità particolare negli occhi: «Anche per me lo è.» Bejal si limitò a dirle «Certo. Vi lascio da sole,» prima di salutare entrambe e andarsene.
Quando le porte si richiusero dietro le spalle dell’uomo, Jadzia, nell’accomodarsi al posto prima occupato da Otner, offrì a Lenara una boccetta con un liquido trasparente all’interno: «È un profumo Risiano.» Kahn sorrise, prendendo con delicatezza tra le mani il regalo che le aveva allungato l’altra donna, prima di chiederle se già si sapesse qualcosa in merito a cosa fosse successo al tunnel creatosi poco prima dell’incidente. Dax si limitò a scrollare il capo: «L’ipotesi più probabile è che un campo di tetrioni abbia reagito con gli scudi della sonda, producendo una massiccia onda di gravitoni. Non ci sono perdite, solo lievi contusioni, e soprattutto la nave non è esplosa.»
«Oddio, la nave,» Lenara sembrava quasi rammaricata per l’aver rimosso la Defiant dall’equazione, «ci sono stati molti danni?»
Afferrandole gentilmente una mano, e stringendola con dolcezza, Dax disse: «O’Brien dice che la rimetterà a posto in pochi giorni. Non è stata colpa tua!» Kahn ricambiò la stretta, ma la risposta fu comunque amara: «Sì ma era il mio progetto, tutte le mie teorie…» Dax esclamò: «Allora non dimenticarti che il tuo progetto e le tue teorie hanno creato con successo il primo tunnel spaziale artificiale della storia. È un risultato senza precedenti!»
Lenara le sorrise: «Hai ragione. Mi sto lasciando andare ai sensi di colpa, vero?»
Ricambiando il sorriso, Dax annuì: «Direi, Lenara!»
Distogliendo lo sguardo, e portandosi le mani in grembo - sempre stringendo la boccetta che le aveva dato poco prima Jadzia - Kahn osservò: «Quando tornerò su Trill il lavoro certo non mi mancherà. Solo per analizzare tutte le telemetrie della sonda ci vorranno diversi mesi.»
L’altra Trill annuì: «È probabile. Vuoi restare a lavorare qui con me?»
Lenara la guardò con sgomento: «Qui con te? Tu…» scrollò appena il capo, senza sapere cosa dire di quella proposta audace: «Tu lo sai che quello che stai dicendo causerebbe uno scandalo?»
Jadzia la guardò con fervore, lo stesso che ora animava la sua voce: «So esattamente cosa comporterebbe. Ma non me ne importa più niente.»
Kahn sbuffò: «È buffo, sai. Bejal era quasi riuscito a convincermi con fatica che, in fondo, il gioco non valeva la candela. Vuole che torni subito su Trill con lui, domani, e che mi dimentichi di te.»
«Un bel testardo.» Dax non riuscì comunque a eliminare, dalla sua voce, una nota di amarezza, mista ad acrimonia: non riusciva proprio a farsi andare giù le continue interferenze dell’altro scienziato.
«Non puoi essere dura con lui,» la pregò Lenara, cercando di appianare le acque, «sta solo cercando di proteggere sua sorella.»
Esasperata, Jadzia si alzò in piedi, braccia distese verso l’alto in un gesto pieno di stizza: «Ah, tutti cercano di rendersi utili per noi. Per proteggere il nostro avvenire. Ma quello che non sanno è che il nostro è un sentimento profondo, un amore incondizionato, e che qualunque sia la nostra decisione saremo solo noi a doverne accettare le conseguenze.»
Lenara, alzatasi a sua volta per potersi avvicinare a Dax, osservò: «Dax, è di questo che sono terrorizzata. Delle conseguenze.» Continuò in maniera accorata: «Quando non sei qui con me, quando tu sei lontana, è come se mancasse una parte di me stessa. È la cosa che desidero di più, stare con te, ma non credo di riuscire a farlo. Dax, noi due siamo diverse. Io non ho un piccolo Curzon dentro di me che mi fa essere impulsivo, che mi fa ignorare le regole abbandonando tutto quello per cui ho lavorato.»
Jadzia si girò verso di lei, con sguardo colmo di dolore: «Stai dicendo che mi vuoi lasciare, o sbaglio? Siamo qui, siamo di nuovo insieme. Il sogno si realizza, non buttare via il tuo cuore.»
«Io non voglio farlo!» si ritrovò a esclamare Kahn. «Però ho bisogno di molto più tempo. Facciamo così, tornerò su Trill con la squadra, cercherò di trovare una soluzione. E quando sarò pronta tornerò.»
Jadzia, ormai in lacrime, la allontanò malamente da sé: «Io vorrei che queste parole fossero vere. Ma so bene come andrà a finire, Lenara. Se tu mi amassi almeno quanto ti amo io in questo momento, quel trasporto domani partirebbe senza di te. Perché se domani deciderai di partire, lo sappiamo tutte e due, non tornerai mai più in dietro.»
Con questo, Dax uscì in fretta e furia, in lacrime, dagli alloggi di Lenara, così sconvolta che non si accorse per nulla della presenza di Bejal nel corridoio, a pochi passi dall’ingresso delle proprie stanze, poste poco più avanti rispetto a quelle della sorella. L’uomo le lanciò uno sguardo tra il sorpreso e il perplesso, prima di lasciar perdere le proprie stanze e affrettarsi da Lenara, per capire cosa fosse accaduto nei pochi minuti in cui le due donne erano rimaste da sole da quando lui aveva deciso di andarsene - in barba a tutte le sue ritrosie e perplessità.
L’uomo fece giusto in tempo a entrare, che si ritrovò a dover afferrare al volo una agitatissima Lenara, completamente fuori di sé; gli ci volle un po’ prima di riuscire a calmare la sorella quel tanto che bastava per chiederle cosa stesse succedendo e come mai Jadzia fosse uscita di fretta e furia, con gli occhi gonfi e in lacrime, e lei fosse in quelle condizioni.
Lenara, dal canto suo, sembrava delirare ed era leggermente febbricitante tra le braccia del fratello, che la riportò di peso al lettino, dove la costrinse a stendersi prima di cercare, in tutti i modi possibili, di farla ritornare lucida e tranquilla a sufficienza per comprendere quanto accaduto in sua assenza. Le prime parole pronunciate dalla donna, comprensibilmente vista la situazione, furono «Jadzia, dov’è Jadzia?» mentre si guardava attorno, cercando di scorgere l’altra donna, ormai non più lì.
«Lenara,» Bejal le accarezzò con tenerezza il volto prima di continuare, «che cosa è successo? Ho visto il Comandante Dax uscire in fretta e furia, non sembrava quasi in sé. Cosa vi siete dette? Cosa è successo?» La sua preoccupazione per la sorella, scampata a morte quasi certa sulla Defiant proprio grazie al pronto intervento dell’altra Trill, non aveva fatto altro che aumentare in quegli ultimi minuti. La sorella, molto più calma di prima, ma comunque ancora sotto evidente shock e stressata, non aveva reagito immediatamente alle sue domande, cosa che lo aveva fatto preoccupare ancora di più.
Quando, finalmente, la donna si decise a parlargli, dirgli qualcosa, ciò che disse lo fece momentaneamente raggelare: «Bejal, ti prego… non costringermi a lasciare DS9, per favore… non voglio andarmene.»
Otner la guardò momentaneamente senza parole: aveva sperato ardentemente, dentro di sé, che la sorella si fosse convinta, una volta per tutte, a lasciar perdere quella infatuazione quasi infantile verso Jadzia, infatuazione che lui per primo non riusciva a capire e, soprattutto, ad accettare. Le regole Trill erano molto rigide, in tal senso: non era possibile, pena l’esilio da Trillius Prime e l’impossibilità di dare un nuovo ospite al simbionte, effettuare quella che era chiamata riassociazione, ovvero il riprendere una relazione tra due Trill, di cui almeno uno unito a un simbionte. Si trattava di uno dei tabù più antichi e rispettati dalla loro società e Bejal non poteva credere che Lenara volesse davvero infrangerlo.
Provò a farla riflettere, utilizzando un tono il più ragionevole possibile, ma temeva, dentro di sé, che fosse solo una battaglia persa: non solo era risaputo che, quando Lenara si metteva in testa qualcosa, era impossibile farle cambiare idea, ma, per quanto entrambi fossero consapevoli delle leggi Trill in merito alla riassociazione, Otner si rendeva anche conto di quanto la sorella si fosse legata all’Ufficiale Scientifico della base, indipendentemente dal fatto che in una “vita” precedente gli ospiti dei due simbionti fossero stati sposati. Nel profondo, voleva vedere la sorella felice: se lo fosse stata assieme al Comandante Dax, alla fine, quale male ci sarebbe potuto essere?
Nonostante ciò, non poteva non provarci: «Lenara, sai meglio tu di me che le leggi Trill non lo permettono. Oltre a condannare te stessa, e Jadzia, a esilio certo, stai anche condannando a morte il tuo simbionte. Dannazione, non lasciarti prendere la mano da tutto ciò che è successo da quando siamo arrivati alla stazione, hai dei doveri… e degli obblighi da rispettare! Vuoi buttare tutto alle ortiche in questa maniera così stupida? Ne abbiamo già parlato…» Lo sguardo che, però, vide negli occhi di Lenara non fece altro che confermare i suoi timori più grandi, così come fecero le sue parole in risposta alla sua pressante richiesta di esercitare una certa cautela: «Non mi interessa più della Commissione di Simbiosi o di quelle stupide leggi, Bejal!»
La donna, ora, era nuovamente su di giri, agitatissima al pensiero di doversi lasciare alle spalle Dax… Jadzia per sempre: «Io la amo, Bejal! Io amo Jadzia, capisci? Non sono i ricordi del simbionte Kahn a influenzarmi, fratello, sono i miei stessi sentimenti a spingermi a voler prendere questa decisione e rimanere qua, indipendentemente dalle imposizioni delle leggi Trill!» Si passò una mano sul volto, chiaramente affranta dalla situazione.
«E glielo hai detto? A Jadzia, dico… glielo hai detto?» le chiese Bejal, quasi temendo la risposta che avrebbe ricevuto dalla sorella, considerando il modo con cui il Comandante Dax era uscita dagli alloggi poco prima: la reazione non era sicuramente quella di una persona a cui era stato detto di essere amata in cambio. Intendiamoci: non era ancora pronto a lasciare il campo, per di più da sconfitto, ma si sentiva comunque in dovere di provare, in qualche modo, a capire la sorella.
«No,» sospirò Lenara, mostrandosi sorprendentemente vulnerabile al fratello prima di spiegargli, finalmente, cos’era accaduto poc’anzi con Jadzia e perché la donna fosse uscita così agitata: «Mi sentivo messa sotto pressione, le ho detto che volevo ritornare su Trill per avere più tempo… illudendomi che sarei riuscita a tornare da lei una volta che avessi avuto la possibilità di pensare lucidamente. Ma quando Jadzia mi ha voltato le spalle per andarsene…» scrollò la testa, asciugandosi alcune lacrime, prima di continuare a parlare: «mi sono sentita come se stessi perdendo una parte di me, mi sono sentita crollare il mondo addosso... e ha fatto male, Bejal! Ha fatto davvero male, perché Jadzia ha ragione: se io ritornassi con voi sul nostro pianeta, non avrei più il coraggio di andarmene.»
Prese un profondo, tremulo respiro e, prima che Otner potesse intervenire - anche solo chiedendo cosa ci fosse, eventualmente, di male nell’agire in quella maniera - continuò: «Non posso tornare su Trill, non quando ho la possibilità di essere felice anche altrove, indipendentemente dalle conseguenze.» Lo guardò negli occhi, le lacrime che ancora le rigavano le guance: «Non posso rinunciare a una cosa di questo tipo, Bejal… non posso farmi guidare dalla paura e da tabù così restrittivi da non considerare come l’ospite possa avere una volontà propria.»
L’uomo la guardò negli occhi per un lungo momento, prima di prendere un profondo respiro: non poteva credere a cosa stava per dire alla sorella, andava contro tutto quanto egli credeva, tutto quanto avessero insegnato loro. La decisione che la donna voleva prendere aveva comunque un carissimo prezzo da pagare, portandolo a domandarsi se ne valesse davvero la pena - ma, guardandola, capì che, sì, per lei nessun prezzo sarebbe stato troppo alto, nonostante tutte le sue proteste in tal senso.
A quel punto, si ritrovò a proporle, quasi senza pensare: «Ascolta, Lenara… perché non rimani qua?» La domanda gli valse uno sguardo sorpresissimo dalla sorella che, evidentemente, non poteva credere alle sue parole.
In fondo, come posso biasimarla? Alla fine sono stato io quello che ha cercato in tutti i modi di farle frequentare il Comandante Dax il meno possibile rifletté quasi amaramente Bejal, prima di trovare un modo di giustificare a se stesso quanto aveva appena detto: «Se proprio vuoi dare una possibilità a questa relazione, il posto dove metterla alla prova è qua, non su Trill. E poi, fino a che la cosa non diverrà di dominio pubblico potrai sempre tornare a casa. Nel caso non funzionasse con Dax.»
La sorella si soffermò sulle parole “dominio pubblico” e si ritrovò a pensare alle implicazioni più immediate della sua decisione: «Cosa dirai al Dottor Pren e alla Commissione di Simbiosi? E ai nostri genitori?»
La risposta la sorprese, se possibile, ancora di più: «Che il miglior posto dove la Dottoressa Lenara Kahn, la più importante studiosa dei wormhole artificiali, potrà continuare le proprie ricerche non poteva che essere su Deep Space 9! Certo,» aggiunse, quasi ripensandoci, «prima o poi si renderanno conto che il motivo non era quello e, molto probabilmente, l’esilio sarà inevitabile… ma, se ne sei sicura ed è quello che vuoi...»
«Oh Bejal,» sospirò Lenara, alzandosi quel tanto che bastava per mettergli le braccia al collo e stringerlo a sé, «non ne sono solo sicura, ne sono certa!»
Bejal Otner si limitò a ricambiare l’abbraccio della sorella, profondamente rammaricato della decisione presa dalla donna: nonostante le sue assicurazioni del contrario, a cui egli voleva credere con tutto sé stesso, dentro di sé non riusciva a esserne totalmente soddisfatto, ritenendo che, invece, Jadzia avesse probabilmente avuto una influenza eccessiva in merito.
Il mattino successivo, il Tenente Comandante Worf, Ufficiale addetto alle Operazioni Strategiche della base, scortò Hanor Prem e Bejal Otner fino al portellone d’attracco sulla Promenade da dove, dopo un brevissimo scambio di battute, i due Trill si imbarcarono sulla nave trasporto che, di lì a poco, sarebbe partita alla volta di Trillius Prime.
L’imponente ufficiale Klingon, primo della sua specie a servire tra i ranghi federali, rimase ad attendere pazientemente che arrivasse anche la Dottoressa Kahn, la quale non si era unita immediatamente al fratello e al collega quando Worf si era presentato, quel mattino, di fronte ai loro alloggi per poterli scortare fino al loro punto di imbarco per il loro trasporto.
Il Klingon non era l’unico ad attendere l’arrivo della donna: sulla balconata che si affacciava sul livello inferiore della Promenade, il Tenente Comandante Jadzia Dax, Ufficiale Scientifico Capo di DS9, stava studiando il via vai di persone, il volto teso e tirato, gli occhi ancora arrossati, gonfi e lucidi.
Dentro di sé, la donna sperava ardentemente che Lenara decidesse di rimanere, sperava ardentemente di non vederla imbarcarsi alla volta di Trillius Prime, come avevano fatto pochi istanti prima gli altri due scienziati. La nottata era stata piuttosto ardua da superare, per la Trill: aveva dormito pochissimo, passando diverse ore a camminare avanti e indietro per i suoi alloggi, prima di arrendersi all’evidenza e, nelle primissime ore del mattino, dirigersi verso il Centro di Comando della base (solo per essere rimbalzata dal Maggiore Kira, al comando del turno Gamma, che le aveva chiaramente ordinato di non ritornare in servizio attivo fino a quando non avesse superato il trauma di quegli ultimi giorni).
E così, quindi, si era ritrovata a vagare senza meta per la base, prima di imbattersi in Julian il quale, viste le sue condizioni, non aveva esitato a offrirle il suo incondizionato supporto e la sua profonda amicizia, assicurandosi addirittura che mangiasse qualcosa per colazione prima di andare in Infermeria in tempo per l’inizio del turno Alpha. Il medico aveva ascoltato il torrente di parole proveniente da Jadzia con estrema pazienza, offrendo anche qualche consiglio qua e là, ma principalmente lasciandola sfogare: si rendeva conto di come fosse la cosa di cui avesse più bisogno l’amica. I consigli, i pareri, potevano, eventualmente, attendere momenti migliori.
Prima di portarsi nei pressi del portellone d’attracco, anche se da una posizione sopraelevata, Dax aveva fatto ancora due passi per la stazione, che man mano si animava, in concomitanza con l’inoltrarsi del mattino e il servizio diurno. L’obiettivo era schiarirsi le idee il più possibile, non pensare a quanto accaduto il giorno prima, ma il tutto aveva ottenuto scarsi risultati, almeno nell’immediato: non poteva far a meno di ritornare con i propri pensieri al fatto di essere più preoccupata di perdere Lenara che di essere esiliata dal proprio pianeta natale.
Profondamente persa nei propri pensieri e, di conseguenza, non essendosi immediatamente resa conto di quanto stava accadendo lungo la Promenade, Dax venne riportata alla realtà quando una mano le si appoggiò esitante su un braccio, con dolcezza. Il gesto la spinse a voltarsi, nonostante lo stesse facendo quasi di malavoglia, parte della sua attenzione ancora focalizzata sulla Promenade o sui propri pensieri più reconditi: la persona che si trovò di fronte era al tempo stesso l’unica e l’ultima che si aspettava di vedere in quel momento.
Era così incredula che si ritrovò a sussurrare debolmente un «Lenara,» sospesa tra la speranza che la presenza dell’altra Trill le dava e il forte timore di cosa sarebbe potuto succedere negli istanti successivi. Non fece in tempo ad aggiungere altro che la donna di fronte a lei la tirò verso di sé, facendo scorrere la mano ancora sul suo braccio verso l’alto e allacciando entrambe le braccia al collo di lei, attirandola in un fermo, ma dolce, abbraccio e affondando il viso nell’incavo tra collo e spalla. Dopo un’esitazione infinitesimale, Jadzia ricambiò l’abbraccio con altrettanta fermezza e dolcezza, nascondendo il volto nei capelli di Lenara, tra sé e sé ringraziando tutto il ringraziabile per l’apparente scelta presa dall’altra donna.
Al livello inferiore della Promenade, Worf si limitò a guardare brevemente in alto, verso la coppia: da qualche tempo, infatti, il Klingon aveva iniziato ad avvertire una sorta di interesse verso Jadzia, avendo anche l’impressione che la Trill lo ricambiasse in qualche misura. Tuttavia Worf non sapeva se stesse travisando la forte passione, conoscenza e comprensione per la cultura klingon di Dax con qualcosa di diverso.
«Sono una bella coppia, non è vero?» La voce acuta di Quark fece sobbalzare il Klingon: a un passo indietro rispetto a lui si era avvicinato, inavvertito, il Ferengi, barista e faccendiere della stazione, nonché vittima preferita - e a ragione! - del Conestabile Odo. Il passo doveva essere stato breve, visto che il locale di Quark si trovava proprio davanti al portellone d’imbarco, e la curiosità tanta; Worf si limitò a girarsi appena, degnandolo d'uno sguardo imbronciato e un mugolio d’assenso stizzito.
«Il suo sguardo verso il balcone era molto eloquente. Mi dica, preferisce Jadzia o Lenara?» Quark accompagnò le parole con uno sguardo complice e un mezzo sorriso a denti appuntiti.
Worf si girò del tutto, per fronteggiarlo, varie spanne più alto di lui e decisamente più massiccio, poco propenso (come sempre, quindi non era una novità) a sopportare il modo di fare, fin troppo invadente alle volte, del Ferengi: «Non sono affari suoi.»
Quark alzò le mani in segno di resa e arretrò d'un passo, schivando una civile bajoriano che passava lungo la Promenade: «Va bene, va bene, - squittì - come siete permalosi voi Klingon!»
Worf cercò di divincolarsi dalla scomoda situazione in cui si trovava dichiarando di dover tornare in Sala Comando, ma Quark non aveva ancora finito con lui - d’altra parte ogni occasione era una buona occasione per guadagnare qualche credito: «Guardi che può fidarsi di me, anche io ho fatto dei sogni - cercò la parola giusta - particolari su Dax. Con tutta quella passione per la cultura Klingon deve essere una compagna particolarmente focosa.»
«Come si permette?» Worf era palesemente contrariato e stizzito, fatto che lo portò a serrare i pugni solo per non afferrare per il collo il piccolo e furbo Ferengi: il Klingon era pur sempre un ufficiale della Flotta Stellare, non un petaQ qualsiasi. Inoltre, aveva imparato a proprie spese a cosa portasse lasciarsi prendere dalla rabbia se provocato.
«Allora ho ragione!» rispose vittorioso Quark. «Non mi ha detto di no quando le ho chiesto chi le piacesse delle due; e non l’ha fatto nemmeno ora.»
«Torni al suo bar, Ferengi. E mi lasci stare.» Worf tuonò, questa volta davvero sul punto di commettere un’azione di cui, molto probabilmente, si sarebbe pentito.
«Non faccia così, venga con me al bar, il primo giro lo offro io. Non c’è niente di meglio che del Vino di Sangue…» alla fronte corrucciata del Klingon, Quark cambio strategia, «…del succo di prugne caldo per lenire le pene del cuore.»
Per quanto potesse sembrare inappropriato, e tutto sommato gli sembrava parecchio inappropriato visto il modo di fare del Ferengi, Worf accettò di unirsi a Quark al bancone del bar. Non aveva intenzione di trattenersi a lungo, era comunque in servizio, ma ritenne che due chiacchiere con il barista su una questione che lui credeva di aver celato a tutti, ovvero il suo inaspettato interesse per Jadzia Dax, gli avrebbe reso più facile assolvere in seguito ai suoi doveri.
Al secondo giro di succo di prugne, servito in un tradizionale bicchiere di metallo, Worf osservò come sarebbe stata inusuale un’unione tra una Trill e un Klingon, chiedendosi come avrebbe fatto a sposarla se lei non avesse fatto parte di una gloriosa casata. Quark, dal canto suo ragionava sui profitti: «Arriveranno un sacco di Trill, incuriositi dalle due donne che hanno sfidato le loro leggi; che le detestino o le ammirino, passeranno di qui e avranno la gola secca dopo tutti quegli insulti… o complimenti!»
«Anche un matrimonio Klingon porterebbe molta gente,» ribattè quasi risentito Worf.
«Sì, ma sarebbero Klingon… senza offesa - si affrettò a correggersi - ci sono da mettere in conto tutte le stoviglie che rompono.»
Al terzo bicchiere di succo di prugne i due parlavano delle vacanze che Worf e Jadzia avrebbero potuto fare assieme. Risa sarebbe stata la meta più ovvia, ma Quark gli confidò che una certa Arandis, impiegata proprio sul pianeta del piacere, era stata un'amante di Curzon… anzi era stata l’ultima donna amata da Curzon prima che lui morisse tra le sue braccia facendo jamaharon. C’era il rischio che la scintilla si riaccendesse proprio come accaduto con Lenara e Worf convenne che la meta non fosse delle preferibili.
Al quarto bicchiere parlarono di figli. Quark era affascinato dall’ipotesi di un Klingon con le macchie tipiche dei Trill, mentre Worf era perplesso dall’eventualità che la prole volesse ospitare, in futuro, un simbionte. La cosa lo sconcertò, al punto di sostenere che il parto di un bebè Klingon non fosse sostenibile da un donna non Klingon.
«È abituata ad avere un simbionte nello stomaco - lo canzonò Quark versandogli il quinto bicchiere - cosa può farle un piccolo Worf lì dentro?»
«Tu non hai idea, Ferengi,» gli disse, minaccioso, Worf, avvicinandosi pericolosamente alle sue orecchie: «Anche solo questo basterebbe a dissuadermi da intrattenere una relazione con lei.»
«Meglio così!» Si difese il barista appoggiando sul banco la bottiglia di succo di prugne: «Anche perché Dax sta con Lenara, non con te.»
Su questa frase l’idillio Klingon-Ferengi si ruppe. Worf strinse più forte del dovuto il bicchiere, ma si ricompose in tempo tirando la casacca dell'uniforme, dopodiché lo allontanò bruscamente da sé, facendo schizzare il contenuto sul bancone.
«Cosa ho detto? Mi sembrava ovvio, no?» Quark gli riavvicinò il bicchiere.
«Abbiamo finito, Ferengi,» Worf, seccato, si allontanò di due passi voltando la schiena al barista.
«Dove va? Mi deve pagare!» Quark sospirò alzando gli occhi al soffitto, ma ormai Worf stava imboccando la passeggiata, uscendo dalla visuale.
Quark scosse la testa, sconsolato, poi notò il bicchiere di metallo, che mostrava i segni deformati della presa del Klingon: «Tutti uguali, questi Klingon.»
L’avventura di Jadzia Dax e Lenara Kahn durò per quasi tre anni: sebbene i loro simbionti mantenessero le memorie degli ospiti precedenti e, quindi, Torias e Nilani vivessero in entrambe le donne, i loro ricordi e i simbionti stessi influenzarono veramente molto poco la loro relazione. Molto meno di quanto non ci si sarebbe aspettato.
Entrambe donne con un carattere piuttosto forte, dimostrarono in più occasioni quanto fosse vero ciò che Lenara aveva detto al fratello Bejal la sera antecedente alla sua partenza per Trillius Prime: nessuna delle due era stata particolarmente condizionata dal ricordo di un amore precedente portato dai loro simbionti, nonostante si potesse credere che quella fosse stata, molto probabilmente, la scintilla che aveva fatto scaturire l’interesse l’una per l’altra.
Impararono a conoscersi, a scoprirsi giorno dopo giorno, con i loro difetti e i loro pregi, e impararono ad amarsi sempre di più. I momenti difficili non mancarono, ovviamente, ma vennero superati tutti con grande umiltà da entrambe le donne, sebbene in alcuni momenti le loro fiere discussioni facessere girare alla larga anche il Comandante Worf, l’imponente Klingon a capo delle Operazioni Strategiche della base. Il che, tutto considerato, faceva riflettere parecchio, se si facevano i conti con la sua irascibilità, potenziata, almeno per i primi mesi, dal fatto che avesse sperato, sotto sotto, di trovarsi al posto di Kahn.
Qualche mese dopo l’inizio della loro relazione, la Guerra contro il Dominio esplose in tutta la sua enormità e la sua ferocia, vedendo molto spesso il Comandante Dax impegnata nelle continue azioni di guerriglia contro i vascelli nemici Jem’Hadar e Cardassiani. Agli albori degli scontri contro il Dominio, la Commissione Simbiosi aveva notificato entrambe le donne del loro esilio da Trillius Prime e della relativa condanna a morte dei loro simbionti una volta che entrambi gli ospiti fossero deceduti. Niente che le due donne non si aspettassero, intendiamoci, ma ciononostante un bel colpo da impattare: tutti i loro amici e colleghi si strinsero attorno a entrambe, supportivi e comprensivi, sempre pronti a offrire una mano e a non farle sentire isolate.
Alla vigilia dell’ennesima partenza della Defiant per una missione di guerra, in questa occasione alla volta del sistema Chin’toka, dove il vascello federale avrebbe raggiunto le forze alleate, Lenara e Jadzia si trovavano nei loro alloggi, quest’ultima intenta a finire i preparativi per il giorno dopo. La tensione crepitava nell’aria: Dax sapeva perfettamente quanto Lenara fosse poco a suo agio quando la compagna partiva per una missione bellica, esattamente come sapeva che la donna cercava in tutti i modi di non farglielo pesare.
Finiti i preparativi, Jadzia si avvicinò all’altra donna, avvolgendone la figura sottile tra le braccia e stringendola a sé, nel tentativo di trasmetterle con quel semplice gesto tutto il suo amore e la sua forza, la sua sicurezza: «Tornerò da te, Lenara, come ho sempre fatto e come sempre farò. Te lo prometto! Non ti abbandonerò mai.»
La scienziata si girò tra le braccia di Jadzia, in maniera tale da poter ricambiare l’abbraccio, poter stringere a sua volta a sé la donna che aveva scoperto di amare e che aveva imparato ad amare sempre più nel corso degli ultimi anni. Nessuna delle due si aspettava che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero abbracciate.
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Però che suspense, i momenti di azione che si intrecciano a quelli dal ritmo più soft, mi piace come gestisci il ritmo del racconto.
RispondiEliminaPathos ma anche delicatezza in un racconto di un amore e di un legame che attraversa il tempo e lo spazio.
RispondiEliminaMaria Domenica