LE LACRIME DEI PROFETI (T)


La U.S.S. Defiant aveva giusto fatto in tempo ad attraccare a DS9 che il Tenente Comandante Worf si era precipitato verso l’Infermeria, indifferente di chi travolgesse nel proprio cammino tra coloro che si erano affollati per accogliere i sopravvissuti allo scontro del sistema di Chin’toka.

La Defiant aveva guidato la flottiglia composta dai vascelli della Flotta Stellare, dell’Impero Stellare Romulano e dell’Impero Klingon contro le forze alleate del Dominio, riuscendo per la prima volta da quando gli scontri erano scoppiati a uscirne ampiamente vincitori.
Ovviamente escludendo il fatto che, in pieno scontro, il Capitano Benjamin Sisko, Emissario dei Bajoriani e Ufficiale Comandante di DS9 e della Defiant, aveva avuto un’inaspettata (quanto violenta) visione da parte dei Profeti del Tempio Celeste, che lo aveva messo fuori gioco per un tempo sufficientemente lungo da costringere il Maggiore Kira, suo Primo Ufficiale, a prendere le redini della situazione.

Poco dopo la vittoria ottenuta sulle forze avversarie, la Defiant era stata raggiunta da un messaggio di Priorità Uno proveniente dalla stazione spaziale che ingiungeva loro di ritornare il più in fretta possibile: oltre al brutto colpo riguardante il collasso del Tempio Celeste, il tunnel naturale presso il quale orbitava Deep Space Nine, Gul Dukat, posseduto da un Pah-wraith, era riuscito a irrompere nel locali ove era custodito il Cristallo della Contemplazione, violandolo, causando proprio il collasso del Tempio Celeste che così duramente aveva colpito l’Emissario dei Profeti.

La folla si chiuse attorno alle figure, a loro volta emergenti dal portellone d’attracco, del Capitano Sisko, del Maggiore Kira e del Capo O’Brien: una bambina bajoriana, di non più di una decina di anni e con un vestitino di varie tonalità di verde, si avvicinò all’Emissario e lo prese per mano: «Emissario, mamma dice che i cristalli sono diventati scuri, che i Profeti ci hanno abbandonato.»
L’uomo le si inginocchiò di fronte, in maniera tale da poter vedere la bambina negli occhi, e le strinse affettuosamente le spalle tra le proprie mani, ma prima che potesse dire una sola parola, la bambina continuò quasi lacrimante: «Deve ritrovare i Profeti. Emissario, lei deve trovarli. Dica loro di tornare, la prego!»

Sisko allontanò per un attimo il pensiero di ciò che lo attendeva in Infermeria e cercò di concentrarsi su quanto la piccola Bajoriana gli aveva appena chiesto. Si guardò attorno, rendendosi conto che la bambina non era l’unica Bajoriana della sua età ad essersi avvicinata a lui; qualche passo più indietro anche i genitori dei bambini lo guardavano con occhi persi. Alcuni membri dell’equipaggio bajoriano di Deep Space 9 avevano interrotto di adempiere alla loro mansioni pur di incontrare l’Emissario.
«Farò di tutto...» fu l’unica cosa che Sisko riuscì a dire.

La folla continuava a mormorare preoccupata, mentre il Capitano Sisko, Kira e O’Brien ripresero la loro camminata, sempre più veloci, verso l’Infermeria. Ad attenderli in astanteria trovarono Odo e Quark, entrambi con le braccia in conserta e stranamente in silenzio, che camminavano avanti e indietro nervosamente e non avevano per niente voglia di battibeccare come erano soliti fare. Non appena furono entrati, si aprì la porta di una delle sale operatorie e ne uscì il Dottor Bashir, ancora avvolto nella tunica rossa che indossava per gli interventi più delicati, seguito da un’infermiera.
La sua espressione, tesa e stravolta, sembrava presagire il peggio. L’Ufficiale Medico Capo di Deep Space 9, notati i colleghi (ai quali si era aggiunto anche il Guardiamarina Nog), lanciò uno sguardo veloce al PADD che aveva tra le mani, prima di consegnarlo all’infermiera, dopodiché si rivolse loro esordendo: «Sono riuscito a salvare il simbionte Dax...»

Attorno a lui, gli altri Ufficiali si irrigidirono: Kira e O’Brien si scambiarono uno sguardo attonito, mentre Quark, che stava per chiedere a cosa si riferisse il medico con quelle parole, fu stroncato da un gesto asciutto da parte di Odo mentre Sisko, da parte sua, era teso come una corda di violino.

«Ma,» aggiunse Bashir facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti (e meritandosi anche qualche occhiataccia), «sono stato in grado di stabilizzare anche Jadzia. Sono entrambi in via di guarigione, anche se ci vorrà ancora un po’. Siamo stati in grado di salvare entrambi! Ora Worf è con lei.» La tensione che aveva permeato il gruppo fino a quel momento evaporò in un battibaleno, con Kira che addirittura abbracciò Quark e Odo che abbozzò una sorta di sorriso, mentre O’Brien dava un’energica pacca sulla spalla a Bashir e Sisko inspirò profondamente un paio di volte per riprendersi da un terribile colpo che, ringraziando i Profeti, non era arrivato. Jadzia era salva, nonostante le importanti ferite sostenute per mano di Dukat. Ma la promessa di vendicarsi sul Cardassiano era ancora fresca nella sua mente: se se lo fosse ritrovato di fronte, non avrebbe di certo esitato.

Dopo qualche giorno passato in Infermeria sotto osservazione diretta da parte del Dottor Bashir, al Tenente Comandante Jadzia Dax, Ufficiale Scientifico Capo di Deep Space 9, venne dato il permesso di passare il resto della propria convalescenza negli alloggi che condivideva con il marito, il Tenente Comandante Worf.

Nel proprio rapporto, il Dottor Bashir aveva sottolineato come fosse stato costretto a separare brevemente il simbionte Dax da Jadzia, altrimenti non sarebbe stato in grado di salvare le due vite in gioco: fortunatamente, tutta l’operazione era stata ben dentro i tempi in cui ospite e simbionte potevano sopravvivere l’uno senza l’altro, permettendo quindi all’Ufficiale Medico Capo della base di completare con successo quello che sembrava un miracolo.

Jadzia, da parte sua, si stava riprendendo piuttosto rapidamente dal trauma, mostrandosi sempre piuttosto irrequieta e scalpitante per poter ritornare in servizio attivo, dal quale era stata sospesa dal Capitano Sisko fino a nuovo ordine, per permetterle di processare il trauma subìto. Dietro consiglio del Dottor Bashir, comunque, Sisko aveva permesso al proprio Ufficiale Scientifico di impegnarsi in alcune attività non particolarmente onerose, per permetterle di impegnare in qualche modo il proprio tempo e impedirle di comparire senza preavviso nel Centro Operativo della stazione.

Ma la donna era irrequieta anche e principalmente per un altro motivo, in realtà: nel seppur breve lasso di tempo in cui era stata forzatamente separata dal proprio simbionte, per permettere al Dottor Bashir di salvare entrambi, la scienziata si era trovata a dover far i conti con alcuni aspetti interessanti riguardanti la propria sfera sentimentale, come ebbe modo di scoprire a proprie spese il marito. Una sera, infatti, rientrato dal servizio, Worf aveva deciso di portarle uno dei suoi piatti klingon preferiti, sebbene il suo arrivo con la leccornia non fosse stato particolarmente apprezzato dalla moglie che, invece, aveva preferito qualcosa di molto più tradizionale.

La reazione di Jadzia, inevitabilmente, aveva fatto aumentare la preoccupazione di Worf per la moglie, considerando anche che da quando la donna aveva lasciato l’Infermeria si era dimostrata piuttosto scostante nei suoi confronti. Durante la cena di quella sera, quindi, si decise finalmente ad affrontare il discorso con lei, ritenendo che un confronto avrebbe sicuramente giovato a entrambi, permettendo loro di risolvere qualsiasi problema turbasse la Trill. Non aveva alcuna idea di quale bomba sarebbe però esplosa ai suoi danni.

«Allora, come ti senti oggi?» Worf le chiese a fine cena, come ormai faceva da quando Jadzia era stata dimessa dall’Infermeria. La Trill gli lanciò uno sguardo a metà tra lo scocciato e l’insofferente, apparentemente senza motivo, prima di rispondergli in tono di leggero rimprovero: «Me lo chiedi tutti i giorni, Worf. Ci vorrà del tempo affinché io mi possa riprendere del tutto, lo sai benissimo...»

Lo sguardo che le lanciò il Klingon poteva voler dire molte cose, mentre osservava: «Mi preoccupo per la tua salute, e mi chiedo se tu non abbia bisogno di maggiori attenzioni mediche. La tua ripresa fisica sembra ottimale, e non vedo l'ora di tornare ad allenarci in sala ologrammi, ma non posso ignorare che tu sembri ogni giorno più... distante.»

«Come ho detto… ho solo bisogno più di tempo e di un po’ di spazio,» rispose leggermente seccata Jadzia.

«Tempo per cosa, esattamente?» Worf non poté fare a meno di chiederle, non capendo a cosa lei si potesse riferire con quella sua richiesta particolare. Tempo? si ritrovò nuovamente a domandare, questa volta a sé stesso, mentre la donna di fronte a lui sembrava innervosirsi sempre di più, sempre più a disagio per un motivo non così ben specificato. Dopo qualche istante di silenzio, comunque, sembrò che Jadzia fosse finalmente giunta a una conclusione, perché sembrò assumere un piglio leggermente più deciso e lo sguardo nei suoi occhi, quando incrociò quelli del marito, fece tremare internamente il Klingon, il quale si ritrovò a presagire qualcosa di non particolarmente buono dalla situazione.

«Quando sono stata attaccata da Dukat ho perso il contatto con il mio simbionte e, come sicuramente avrai letto dal rapporto medico, Julian è stato costretto a mantenerci sconnessi per un certo lasso di tempo prima di riunirci, altrimenti non sarebbe stato in grado di salvare entrambi...»
Worf, che stava domandandosi dove volesse andare a parare, annuì distrattamente, facendole cenno di procedere: «Durante le poche ore in cui Julian ha corso contro il tempo per riuscire a salvarci entrambi, io ero… cosciente.»

Il Klingon le lanciò uno sguardo che, in un qualsiasi altro umanoide della stazione, poteva passare per altamente sorpreso, portandolo a chiedere: «Cosciente? In che senso… cosciente?»
«Jadzia, senza Dax, era presente...» cercò di spiegare Dax, lottando per cercare le parole giuste per spiegare un concetto che poteva sembrare alieno a chiunque non fosse un Trill o non avesse studiato approfonditamente la loro fisiologia e le tecniche legate all’unione tra simbionti e ospiti.
«E ha… io ho… provato gli stessi sentimenti che pensavo di provare per te… per un’altra persona.»

Worf, sentendo quella confessione da parte della moglie, raggelò: tutto si sarebbe aspettato, tranne quello. Amava profondamente Jadzia, e si era sentito onorato quando la donna aveva accettato di sposarlo, qualche mese prima. Così come si era sentito onorato quando, poche settimane prima dell’incidente, avevano iniziato a fare progetti per avere un figlio: il Dottor Bashir, dopo tutta una serie di test, era stato positivo in merito alla possibilità che i due riuscissero a concepire una nuova vita, nonostante la diversa fisiologia delle rispettive specie. Quanto Jadzia gli aveva appena detto, era un fulmine a ciel sereno. Letteralmente.
Da parte sua, Dax attese, tesa, la reazione del Klingon: conoscendolo per come lo conosceva, sapeva che doveva dargli il tempo sufficiente per riuscire ad assorbire il colpo appena subito prima di pensare anche solo a consolarlo. Non sarebbe stato corretto nei suoi confronti e nei confronti del suo onore.

Finalmente, l’imponente Klingon le domandò, tra i denti, non volendo davvero sapere la risposta, ma sentendosi comunque costretto a chiedere: «Chi sarebbe questa… persona… per la quale hai scoperto di provare questo tipo di sentimenti?»

***

La U.S.S. Destiny, astronave di classe Sovereign, era ormeggiata a Deep Space 9 da poco dopo l’intervento chirurgico operato dal Dottor Bashir su Jadzia e il simbionte Dax; tra i suoi membri dell’equipaggio era possibile trovare la giovane Guardiamarina Ezri Tigan, Trill, che serviva come assistente del Consigliere di bordo.
Il vascello era stato richiamato dal suo giro di pattuglia poco dopo l’attacco, quando Bashir si era ritrovato a combattere contro il tempo per salvare la vita al Tenente Comandante Dax: il rischio di fallimento era piuttosto alto ed essendo la Destiny in zona e con almeno un Trill non unito tra i suoi ufficiali, in caso si fosse reso necessario portare Dax nuovamente su Trillius Prime, era sicuramente la migliore speranza di sopravvivenza che gli si potesse dare.

Il Capitano Raymer, Ufficiale Comandante dell’imponente vascello, aveva ordinato al Guardiamarina Tigan, dietro richiesta del Capitano Sisko e raccomandazione del proprio Consigliere, di occuparsi di un caso particolare a bordo della base stellare: il Comandante Worf.
Il Klingon, infatti, non si era affatto ripreso dal duro colpo infertogli da quella che sarebbe diventata, ben presto, la propria ex-moglie, al punto da passare la maggior parte del suo tempo libero (e non solo quello) in una delle sale ologrammi di Quark, quella dove era sempre attivo il programma di Vic Fontaine.

Contemporaneamente, Jadzia aveva chiesto, e ottenuto, un breve periodo di congedo che le permettesse di andare su Trillius Prime per visitare la propria famiglia e, contemporaneamente, risolvere alcune questioni lasciate in sospeso ormai da troppo tempo. Benjamin, che sotto sotto sospettava il vero motivo per cui Jadzia avesse voluto il divorzio da Worf e richiesto un congedo, si era limitato a concederle l’approvazione e a raccomandarsi di prendersi tutto il tempo che serviva: su Deep Space 9 avrebbero atteso il suo ritorno.

Alla Destiny, che ben presto sarebbe dovuta tornare in servizio attivo, venne chiesto di accompagnare il Comandante Dax su Trillius Prime, cosa che il Capitano Raymer accettò di fare senza troppi patemi d’animo: in fondo non avrebbero dovuto deviare poi così tanto dalla rotta che li avrebbe riportati a riprendere la loro missione originaria e Trillius Prime era di strada.

Fu così, quindi, che qualche giorno dopo l’amara conversazione con Worf, il quale si era ritirato nei suoi precedenti alloggi sulla Defiant, Jadzia Dax si imbarcò sulla Destiny, mentre il Consigliere Tigan rimaneva a bordo della base spaziale ad interim, per fornire il supporto richiesto al Comandante Worf, per il quale c’era una palpabile preoccupazione generale.
Il viaggio verso Trillius Prime passò senza troppi incidenti: una volta giunti nel raggio delle comunicazioni, alla Destiny venne concesso di entrare in orbita e di teletrasportare il proprio passeggero sul pianeta, prima di riprendere finalmente la propria rotta, completato l’incarico.

Discesa dalla piattaforma dove era stata depositata dal teletrasporto della Destiny, Jadzia si guardò un po’ attorno, fino a quando non individuò la sottile e slanciata figura del padre, Kela, che l’attendeva poco distante dal complesso che gestiva i teletrasporti orbitali.
Dall’ultima volta che i due si erano visti, l’uomo era cambiato parecchio: aveva perso da poco la moglie, l’altra figlia era chissà dove e aveva appena rischiato di perdere la primogenita al fronte. Non si poteva affatto dire che la vita fosse stata leggera, con lui.
Appena l’uomo individuò la giovane donna, le venne incontro e la strinse a sé con forza, al punto tale che la figlia si ritrovò a dimenarsi fino a quando Kela non la mise a terra, allontanandola da sé a distanza di braccio per guardarla da capo a piedi.
«Non hai idea di quanto io sia felice di averti qui, Jadzia! Ho temuto il peggio, non so se avrei retto il colpo,» le disse Kela, con un sorriso sollevato che gli apriva il volto da un orecchio all’altro, stringendola nuovamente a sé. Quando finalmente la lasciò andare, la figlia gli sorrise a sua volta e gli prese le mani tra le proprie: «Anche io sono felice di essere qua con te, padre.»

Entrambi si diressero, chiacchierando del più e del meno, verso la casa dove Jadzia aveva passato la propria adolescenza e fino alla sua applicazione per l’Accademia della Flotta Stellare e il duro lavoro fatto per essere accettata all’interno del programma di simbiosi, gestito dalla Commissione relativa. La stessa Commissione, per intenderci, che imponeva la rigidissima regola per la quale due ospiti non potessero riprendere una relazione precedente (non potessero, quindi, riassociarsi), nell’ottica di fornire quante più variegate esperienze possibili al proprio simbionte.

Una volta giunti a destinazione, Kela lasciò che la figlia andasse a sistemare i pochi oggetti che aveva portato con sé e si diresse verso la cucina, dove si apprestò a preparare del raktajino, che sapeva essere una delle bevande preferite dalla giovane. Quando, poco dopo, Jadzia uscì dalla propria stanza e si unì a lui nella cucina, una tazza fumante la aspettava sul tavolo, assieme a un piatto con del cibo tradizionale Trill; il padre aveva occupato una delle sedie, con una tazza di tè altrettanto bollente tra le mani.

«Allora,» esordì il padre quando la figlia si sedette di fronte a lui e iniziò a spiluccare il cibo nel piatto di fronte a lei, «come stai?» Al sopracciglio alzato della donna, aggiunse: «Beh, è ormai da qualche anno che non vieni a trovarci su Trill… certo, sei sempre riuscita a contattarci via subspazio, ma soprattutto nell’ultimo paio d'anni abbondante è stato difficile averti qua con noi.»

Jadzia scrollò le spalle, riportando la propria attenzione al proprio piatto: «Sapevamo tutti che non sarebbe stata facile, padre. Essere un Ufficiale della Flotta Stellare è già un impegno di una certa importanza senza uno scontro bellico, figurarsi quando si è impiegati al fronte.»
L’uomo sbuffò leggermente: «Simbionte o non simbionte, Jadzia, ti conosco… sei mia figlia.»
Jadzia alzò lo sguardo verso il padre, leggermente perplessa: «Non capisco dove tu voglia arrivare, papà.»
«Beh,» commentò Kela, «nella tua ultima trasmissione mi dicevi che tu e Worf vi siete lasciati, firmando i documenti per il divorzio poco prima della tua partenza. Non nego che la cosa mi abbia un po’ sorpreso, nonostante non fossi particolarmente d’accordo in merito alla tua scelta, quando mi informasti che vi sareste sposati.»
«Sai benissimo che sono perfettamente in grado di gestire un Klingon, papà. Non sono solo cresciuta, ma ho anche i ricordi e le esperienze di altri sette ospiti pronti ad aiutarmi in caso di estrema necessità,» osservò Jadzia, con un piccolo sorriso, ben sapendo la forte ritrosia del padre quando avevano avuto modo di confrontarsi in merito alla sua decisione di accettare la proposta di Worf.

«Ma,» aggiunse prima che il padre potesse commentare, «avevi ragione. Non eravamo fatti l’uno per l’altra, nonostante le esperienze di sette ospiti che il simbionte mi ha fornito e sempre mi fornirà.»
«Cosa ti ha fatto cambiare idea, Jadzia? Non fraintendermi, sono in un certo senso sollevato, ma sarei davvero curioso di sapere cosa sia successo.» Kela era davvero curioso di sapere cosa avesse mai far potuto cambiare idea alla figlia, che era sempre stata una persona molto testarda e determinata a ottenere quello che voleva, non necessariamente in accordo con i desideri e le aspettative della propria famiglia.

«Ecco,» iniziò Jadzia, «era proprio di questo che volevo parlarti.» Il padre la invitò a procedere con un gentile gesto di incoraggiamento, accompagnato dall’osservazione «Immagino che lavorerete comunque assieme, sarà difficile,» alla quale Dax annuì con un mezzo sorriso.
«Certo, continueremo a lavorare assieme. E sì, probabilmente sarà difficile, ma non è anche giusto che uno dei due chieda un trasferimento per quanto è successo. Sapremo adattarci.» Dopodiché, iniziò a spiegargli esattamente cos’era successo dalla partenza di Sisko con la Defiant, lasciando a lei la responsabilità della stazione, fino all’attacco del posseduto Dukat, alla lotta contro il tempo di Bashir per salvare la vita sia a lei che al simbionte, sottolineando come Jadzia e Dax fossero stati separati per permettere all’Ufficiale Medico Capo di operare il proprio miracolo.

«Ora, nel lasso di tempo in cui le coscienze di Jadzia e Dax sono state forzatamente separate, mi sono resa conto che, in realtà, per quanto io apprezzi la cultura Klingon… Worf non era la persona adatta per me. Non lo amavo come avrei dovuto. In quel specifico momento di sospensione, i miei pensieri non erano per lui, ma per un’altra persona, che probabilmente amo per davvero.»

«E perché sei venuta qua a dirmelo?» Kela non potè fare a meno di porle la domanda, nata spontanea.
«Beh,» Jadzia sembrava leggermente a disagio nel rispondergli, «perché se riuscissi a ritrovarla, e non è proprio detto che io ci riesca ecco, potrebbe avere delle ripercussioni non da poco… delle conseguenze. E tu sei la mia famiglia, hai tutto il diritto di esserne informato. Ed è meglio che te lo dica io, piuttosto che tu lo senta da altri.»
«Mi verrebbe da commentare,» osservò l’uomo di fronte a lei, «che anche tua sorella è la tua famiglia.»
Jadzia allontanò il suo commento con un gesto, prima di freddarlo nell’atto di prendere un sorso di tè: «C’è il forte rischio che io non possa mai più mettere piede su Trillius Prime.»

L’uomo divenne una statua, la tazza sospesa in aria nel suo tragitto verso le labbra, per permettergli di prendere un sorso della bevanda ancora calda. Finalmente, dopo quella che parve un'eternità, poggiò la tazza sul tavolo e chiese alla figlia: «Jadzia, piccola mia, cosa ti succede?» Quando la giovane donna di fronte a lui finì di spiegargli cos’era accaduto neanche due anni prima, cioè che una delegazione di scienziati Trill capeggiata dalla Dottoressa Lenara Kahn era arrivata su Deep Space 9 per poter creare un wormhole artificiale, e che lei e Lenara si erano pericolosamente avvicinate per via dei rispettivi simbionti, finendo con l’innamorarsi, e che poi quest'ultima aveva deciso di ritornare su Trillius Prime senza sfidare le leggi emanate dalla Commissione Simbiosi, l’uomo rimase momentaneamente senza parole.

Quando finalmente riuscì a ritrovare l’uso della parola, le chiese: «Fammi capire bene, quindi: nonostante ci siano delle leggi ferree in merito, nonostante ti sia richiesto di preservare la vita del tuo simbionte e di offrirgli il maggior numero di esperienze possibili - come tu hai anche giurato di fare prima di accettare il simbionte Dax- non hai intenzione di desistere?»
Quando la figlia scosse fermamente il capo, l’uomo le domandò, genuinamente curioso: «Cos’ha di così speciale questa donna da spingerti a ignorare tutto ciò per cui tu hai faticato così tanto, Jadzia? Si tratta di un passo che rischia di essere ben più lungo della gamba, lo sai bene.»

«Oltre ad avere molte più cose in comune noi, rispetto ai due precedenti ospiti dei rispettivi simbionti, è una donna molto intelligente e forte,» provò a spiegargli Jadzia, cercando di tratteggiare in poche parole l’essenza della Dottoressa Kahn, da lei considerata una donna molto energica e sicura, che riusciva a equilibrarla là dove Worf non era mai stato in grado di fare. Inevitabilmente, Kela si ritrovò nella condizione di domandarle se davvero si aspettasse che la donna, che così decisamente si era rifiutata di infrangere le leggi Trill in merito alla riassociazione, fosse ora disponibile a intraprendere quel passo. Cosa la portava a credere che questa volta avrebbe rischiato tutto, se già in precedenza si era rifiutata di farlo, nonostante sembrasse che dalle parole della figlia anche l’altra scienziata ne ricambiasse i sentimenti?

Jadzia sapeva che le domande postele dal padre erano fondate. Aveva ragione di dubitare e di farle presente che non necessariamente tutto sarebbe andato come lei desiderava: già la prima volta, tutto sommato, non era andata proprio come lei aveva desiderato. I postumi di quell’avvenimento si erano ripercossi parecchio nei mesi successivi, dai quali era riuscita a uscire grazie all’aiuto dei propri più stretti amici. Era stato sempre in quel periodo, più o meno, che si era avvicinata a Worf senza particolarmente rendersene conto, anche grazie alla passione di Curzon per i Klingon.
C’era da dire, comunque, che lei stessa aveva l’inclinazione a guardare di buon occhio alla loro cultura, cogliendo diverse occasioni in passato per approfondire le proprie conoscenze su tale specie, ma dopo la recente esperienza si era resa conto che il tutto non le bastava per “giustificare” il matrimonio con Worf.

Prima che potesse rispondergli, il padre le prese entrambe le mani: «Sappi, comunque, che se hai deciso di andare fino in fondo con questa tua presa di posizione, io ti sosterrò. Se sei così sicura di amare questa donna, anche se dovessi andar contro le leggi Trill, io sarò sempre al tuo fianco. Magari non potrò concordare con te su alcune tue decisioni, compresa questa lo ammetto, ma sei comunque mia figlia. Il mio primo dovere, sempre, sarà verso di te. Se ritieni che ne valga la pena rischiare il tutto e per tutto per questa persona, addirittura una seconda volta, allora vai, fallo!»

Lei gli sorrise, sollevata e, per la prima volta da quando si erano seduti al tavolo, molto più rilassata. Stringendogli le mani a sua volta, gli rispose: «Grazie, padre. Non sai quanto sia importante per me saperti dalla mia parte, nonostante i tuoi dubbi e il tuo non essere d’accordo.»
Dopodiché ammise, senza pensarci troppo: «Ho paura che mi rifiuti anche questa volta. Adesso io sono completamente certa che i miei sentimenti per lei siano… miei, più che di Dax. Sicuramente avere i ricordi di Torias ha influenzato parecchio, non posso negarlo,» continuò, «ma ho avuto la possibilità di rendermi conto che poi tali sentimenti siano nati e abbiano messo radici in me, crescendo sempre più con l’andare del tempo. Ma sì, ho paura: Lenara, fortunatamente, non ha dovuto subire una momentanea separazione dal suo simbionte. E nemmeno glielo augurerei, onestamente...»

Non fece in tempo a continuare a parlare, che sentirono bussare gentilmente alla porta d’ingresso.
Kela si alzò, facendo segno alla figlia di rimanere tranquillamente seduta a finire il suo raktajino e il suo piatto, e uscì dalla cucina per vedere chi fosse alla porta. Lasciata sola, Jadzia bevve con calma un sorso del forte caffè klingon che il padre le aveva preparato appena arrivati in casa, ma fece giusto in tempo a posare la tazza che sentì il padre aprire la porta di ingresso e chiedere alla persona sconosciuta di identificarsi. Ciò che la bloccò nel portare una forchettata di cibo alla bocca fu la voce, conosciuta, che rispose al padre. Qualche istante dopo, sentì la porta richiudersi e due coppie di passi dirigersi verso la cucina.

Jadzia si era alzata per metà dalla sedia quando Kela e Lenara Kahn entrarono nel piccolo, ma pulito e ordinato ambiente; la scienziata Trill aveva un’espressione particolarmente tesa in viso, pallido e tirato e con profonde occhiaie, come se non avesse dormito moltissimo negli ultimi tempi. Ondate di tensione venivano emanate dal suo corpo, rendendo l’aria immediatamente crepitante e così densa da dare l’impressione che la si potesse tagliare con il coltello.
Il Comandante Dax, ora completamente in piedi, fece due passi incerti verso l’altra donna, completamente ignara del fatto che il padre, molto discretamente, aveva lasciato la cucina per concedere loro lo spazio necessario all’inevitabile confronto.


Per qualche interminabile istante, le due Trill si fronteggiarono senza pronunciare una parola, limitandosi a studiarsi l’un l’altra. Inevitabilmente, molto era cambiato nei quasi tre anni in cui erano rimaste lontane, non da ultimi il matrimonio di Jadzia con Worf, l’escalation degli scontri contro il Dominio e, più recentemente, l’attacco a sorpresa di Gul Dukat, il rimanere in bilico tra la vita e la morte, il sopravvivere, il divorzio.
Da parte sua, anche la Dottoressa Kahn aveva avuto il suo bel daffare in quel periodo: ritornata su Trillius Prime dopo la parentesi su Deep Space 9 con i propri colleghi, aveva continuato le proprie ricerche in merito ai wormhole artificiali grazie al supporto dell’Istituto delle Scienze, con il quale collaborava anche il fratello Bejal. Innegabilmente i progressi erano stati innumerevoli, ma a sentir parlare i colleghi e lo stesso fratello, pareva che la donna si fosse sempre di più richiusa in sé stessa e nessuno pareva davvero capirne la causa, se non forse lo stesso Bejal.

«Lenara, cosa ci fai qua?» Jadzia sembrava aver finalmente recuperato l’uso della parola e, dopo aver preso metaforicamente un profondo respiro, aveva trovato il coraggio di fare il primo passo per rompere il ghiaccio. Non aveva la benché minima idea di cosa Lenara ci facesse lì, o di come avesse saputo del suo arrivo e da chi sarebbe andata ad alloggiare (per quanto la scelta di andare nella propria casa d’infanzia poteva essere quella più logica). Chi può averglielo detto?

L’altra scienziata si prese qualche istante in più prima di rispondere, studiando ancora un attimo l’ufficiale davanti a lei, cercando di comprendere i cambiamenti che avevano interessato la donna in quell’ultimo triennio, cercando di capire chi Jadzia fosse davvero diventata, in che modo le ultime vicende l’avessero trasformata.
Quando alla fine rispose, la voce le uscì un po’ a fatica, quasi come se non fosse più tanto abituata a impiegare le corde vocali: «Avevo bisogno di vederti, per assicurarmi che stessi bene. Davvero bene. Sono circolate voci...»

Jadzia non riuscì a trattenersi oltre, facendo istintivamente un ulteriore passo in avanti con l’intenzione di stringere a sé Lenara, la quale però, capendo le sue intenzioni, fece a sua volta un passo indietro, mantenendo la distanza rispetto all’altra donna, la quale si fermò sui suoi passi, un po’ ferita.
«Non farlo,» le ingiunse Lenara, «non abbracciarmi come se io fossi la persona più importante per te, quando sappiamo entrambe che non è così.»

«Lenara,» sussurrò Jadzia con le lacrime agli occhi e non comprendendo appieno quanto l’altra le stava dicendo, «ma cosa...?»
L’altra Trill scosse il capo, la tensione che ancora riverberava dal suo corpo: «Quando ho lasciato DS9, tu hai fatto di tutto per convincermi a rimanere con te, professando tutto il tuo amore per me… Ora, non dico di aver sperato che tu mi rincorressi su Trill, ma sì, a un certo punto ho desiderato con tutta me stessa che tu l'avessi fatto, per dimostrare a mio fratello che l'amore che provavo per te era ben riposto. Che lui aveva torto, che non era solo un'infatuazione dovuta ai ricordi custoditi dai nostri simbionti!»

«Lenara, non potevo saperlo. Ho passato mesi a piangere la tua partenza. Le tue parole sono sembrate così... definitive...» Jadzia non poteva credere a quanto stava sentendo: davvero Lenara le stava dicendo quello che pensava le stesse dicendo?
«Avevo paura, Jadzia! Paura di perdere una vita di studi, la mia carriera, il mio pianeta natale,» ritorse Lenara, continuando a rimanerle a distanza.
«E hai preferito perdere me.» C’era un tono d’accusa nelle parole che Jadzia pronunciò, spalle leggermente incurvate, sguardo addolorato e incapace di guardare l’altra donna negli occhi.

«Ho scelto la strada più semplice, ma quando mi ero finalmente convinta a tornare da te... c'era Worf al tuo fianco...» Lenara non sembrava assolutamente in vena di perdonarle la decisione che aveva preso qualche mese prima, quando aveva accettato (erroneamente) la proposta di matrimonio del Tenente Comandante Worf.
«Oh no...» sussurrò Jadzia, la quale avrebbe anche continuato a parlare se Lenara non avesse aggiunto, facendo poi gesto di andarsene: «Tu eri andata avanti, ed io ero rimasta intrappolata nel mio amore per te. Sono venuta solo per vederti. Non pretendo più nulla da te.»

«Lenara aspetta!» Jadzia coprì velocemente la distanza che la separava dall’altra donna, afferrandola per le spalle e trattenendola, facendola girare verso di sé: «Ti prego, guardami! So di aver sbagliato tutto, mi rendo conto di aver lasciato che Dax mi influenzasse. Ero debole anche io, avevo un vuoto da colmare e ho scelto la via più semplice e ho sbagliato. Ma io, Jadzia, non Dax e non Torias, sono innamorata di te. Lo ero prima e lo sono adesso. Dax mi stava proteggendo usando le sue esperienze, e mi sono lasciata influenzare perché ero ferita, ma quando Dax ed io siamo stati separati i miei sentimenti sono riemersi e ho potuto riprendere il controllo.»
Molto dolcemente, Dax costrinse Lenara ad alzare il capo e a guardarla negli occhi: «Sono venuta su Trill per te, Lenara. Per vederti, perché voglio tutto da te...»

Su Deep Space 9, per una volta, sembrava essere tornata la tranquillità. La notizia dell’apparente collasso del Tempio Celeste aveva messo in fermento tutti i Bajoriani presenti sulla stazione e sul pianeta a poche migliaia di chilometri dalla base, portando a un via vai di navi trasporto per permettere ai Vedek e ai pellegrini di incontrarsi con l’Emissario.

Benjamin Sisko, Emissario dei Profeti e Ufficiale Comandante di DS9 ormai da più di un lustro, si trovava seduto alla scrivania del suo ufficio, le spalle rivolte all’ingresso dello stesso e lo sguardo perso nei meandri dello spazio. Gli avvenimenti degli ultimi giorni pesavano parecchio sulle sue spalle, al punto che sentiva il profondo desiderio, il profondo bisogno di allontanarsi da tutto e da tutti, di staccarsi da quanto successo.
Certo, erano riusciti a uscire vittoriosi dallo scontro nel sistema Chin’toka, ma il collasso del Tempio Celeste e il fatto che Jadzia avesse rischiato di morire solo perché si trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato, lo aveva completamente destabilizzato. Se a ciò si aggiungeva pure il più che giustificato timore dei bajoriani riguardante l’essere rimasti abbandonati dai Profeti, motivo per il quale si rivolgevano al proprio Emissario, l’uomo si sentiva totalmente impotente.

A ben poco era servito parlare con la giovane Consigliere Trill Ezri Tigan, rimasta sulla stazione dietro sua precisa richiesta per affiancare il Tenente Comandante Worf nel suo processo di “accettazione” di quanto successogli da quando aveva rimesso piede sulla base immediatamente dopo lo scontro presso il sistema di Chin’toka. Sebbene il Guardiamarina fosse piuttosto abile nel proprio lavoro, pur non avendo ancora concluso il periodo di praticantato che ci si aspettava completasse una volta uscita dall’Accademia, Sisko non riusciva a trovare la pace, la quiete che cercava.
Aveva provato più e più volte a contattare i Profeti, a cercare un confronto con gli alieni che vivevano all’interno del Tempio Celeste, anche un conforto, ma senza un effettivo successo. Era stato visitato nei propri alloggi, poco prima della partenza, da una visione proprio dai Profeti, che gli avevano espressamente richiesto di non andare su Cardassia. Richiesta che lui aveva disatteso, obbedendo agli ordini dell’Ammiraglio Ross. E ora, complice anche un attacco da parte di Dukat, qualcosa di particolarmente grave doveva essere successo, al punto che i Profeti sembravano aver girato le spalle al popolo bajoriano.

Ed è colpa mia, si ritrovò a pensare, tutta colpa mia. Se solo li avessi ascoltati, Jadzia non avrebbe rischiato di morire per mano di Dukat e i Profeti non avrebbero abbandonato il proprio popolo eletto. Non avrebbero abbandonato me. Ho fallito come Emissario… e sebbene Jadzia sia sopravvissuta, cosa di cui sarò eternamente grato, mi sento di aver fallito, per la prima volta in vita mia, come Ufficiale della Flotta.

Forse ho bisogno di tempo per pensare, rifletté mentre puntava i piedi a terra affinché la poltrona si potesse girare e, di conseguenza, lo portasse ad avere di fronte il terminale collocato sulla propria scrivania. Mi aiuterebbe a chiarire tutta la situazione, a farmi riflettere per davvero. Ma… non posso farlo qua, non ora. Ho bisogno di andarmene, di cambiare aria… e di trovare una via per risistemare le cose.
Con un paio di tocchi lo schermo si accese, permettendogli di accedere e di compilare una richiesta di congedo prolungato dal servizio attivo e dal fronte, spiegando in parte le necessità e le motivazioni che lo avevano spinto a prendere quella decisione; dopo un ultimo controllo al documento, per assicurarsi che tutto fosse in ordine, lo inviò al Comando della Flotta Stellare sulla Terra.

*

Il Tenente Comandante Worf, Ufficiale addetto alle Operazioni Strategiche di Deep Space 9, era completamente fuori di sé. Dalla partenza di Dax, ma in realtà fin da quando avevano avuto quella spiacevole conversazione dalla quale si era poi giunti al divorzio, l’imponente Klingon non riusciva a raccapezzarsi con quella piega degli eventi.
Erano ormai giorni che si rifiutava di vedere il Consigliere Tigan, preferendo rinchiudersi nella sala ologrammi dove girava costantemente il programma che simulava il locale di Vic Fontaine nella Las Vegas degli anni Sessanta, programma realizzato qualche mese prima dal Dottor Bashir e che aveva conquistato tutti gli ufficiali della base.
A causa delle ire del Klingon perfino la band del cantante, chiaramente ignara del fatto di essere composta da ologrammi e non da individui in carne e ossa, voleva licenziarsi e lasciare il locale.

L’ingresso della sala ologrammi apparve brevemente a disturbare l’omogeneità dell’ambiente, permettendo a una figura minuta avvolta in una divisa della Flotta di entrare all’interno del casinò, chiudendosi poi un istante più tardi. Il Guardiamarina Ezri Tigan si guardò attorno, perplessa, prima di individuare Fontaine avvicinarlesi e prenderla da parte un attimo, mormorando: «Per fortuna è qui, Guardiamarina. Ormai Worf non fa altro che terrorizzare i clienti… e i miei ragazzi vogliono andarsene!»
La giovanissima donna alzò entrambe le mani, frenando il torrente di parole del cantante: «Sono qua per questo, Vic. Visto che, per l’ennesima volta, il Comandante Worf non si era presentato all’appuntamento, ho pensato fosse giunto il momento di risolvere la questione con maniere meno… tradizionali.»

Detto ciò, lasciò l’ologramma per dirigersi verso il Klingon, seduto al banco con un bicchiere di quello che pareva essere liquore di fronte a sé. Mentre si avvicinava, sospirò. Sarebbe stato un lavoro lungo e faticoso, ma avrebbe prodotto di certo risultati importanti se portato avanti con un minimo di pazienza. Non aveva intenzione di cedere di fronte alle prime avversità solo perché si ritrovava a che fare con un Klingon.

***

Jadzia Dax e Lenara Kahn passeggiavano nel piccolo giardino antistante la casa d’infanzia di Jadzia. Procedevano fianco a fianco, parlando sommessamente tra di loro, sfiorandosi continuamente, per timore che ciò che stavano vivendo fosse un sogno che sarebbe finito presto. Uno dei primi argomenti toccati aveva riguardato il come Kahn fosse stata in grado di rintracciare Jadzia così velocemente: il Capitano Sisko e il Dottor Julian Bashir avevano contattato Lenara immediatamente dopo la partenza della Destiny da Deep Space Nine, spiegando per sommi capi cos'era successo e dove avrebbe potuto, nel caso avesse voluto, trovarla.

Ancora una volta i pensieri di Lenara volarono alle leggi Trill: il momento che stava vivendo con Jadzia era dolce, e non sembrava avere nulla di sbagliato, ma quello che sottintendeva era una grave affronto alla cultura del loro popolo. Quando lei si era sentita pronta ad abbandonare ogni cosa per Jadzia aveva scoperto che era rimasta sola, di aver perso l’occasione: non era ancora sicura di poter tornare sui suoi passi.

Jadzia, avvertendo ancora la tensione dell’altra donna, non del tutto scomparsa, si fermò di botto, prendendole una mano e costringendola a fermarsi a sua volta: «Lenara, vieni qua per favore.»
Aspettò che l’altra donna si fermasse e si girasse verso di lei, prima di prenderle anche l’altra mano e aggiungere: «Senti, so che è stato un periodo duro e brutto per entrambe e so che ho compiuto azioni che ti hanno ferita nel profondo… e che sarà difficile per entrambe guarire...»

Lenara guardò Jadzia negli occhi, il suo sguardo era severo, ma le sue labbra tradivano il desiderio di baciarla. Si costrinse comunque a trattenersi, doveva sentirsi dire e confermare che nulla si sarebbe frapposto tra loro questa volta. Sperava che Jadzia fosse davvero pronta a questo passo. Si lasciò andare a una sola parola: «Ma…?»
«Ma,» e qua Jadzia sorrise appena alla fretta che sembrava avere Kahn in quel momento, «andrà tutto bene, promesso. Non mi perderai mai più, d’accordo?»
La attirò a sé, stringendola con dolcezza: «Ho sicuramente tanti difetti, ma... avere un “piccolo Curzon dentro di me che mi dice di essere impulsiva... di ignorare le regole” non rientra di certo tra quelli!»
La battuta ottenne l’effetto desiderato: Lenara riuscì a rilassarsi leggermente più nella sua stretta, stringendosi a sua volta all’altra donna e ricambiando con più serenità l’abbraccio, il volto affondato nell’incavo tra la sua spalla e il collo.

Jadzia si perse tra i capelli di Lenara, e tra essi sussurò: «Ti amo... ti ho amato dal primo momento.»
Lenara non riuscì a risponderle. Avrebbe voluto dirle che l’amava, ma ancora le parole le si fermavano sulle labbra. Si limitò a dirle: «Verrò con te.»

Le due donne si separarono leggermente, quanto bastava per tornare a guardarsi negli occhi. Jadzia mascherava il dolore di non essersi sentita rispondere con un “ti amo”, ma era disposta ad aspettare, preferendo quindi rifugiarsi in un po’ di sano spirito pratico e iniziando un discorso fatto di impegni e routine.
«Potrai continuare i tuoi studi su Deep Space 9, anzi, al momento ci sarebbe davvero bisogno di una persona come te. Il tunnel sembra essere scomparso!»
L’attenzione dell’altra scienziata, ora, era focalizzato sul lavoro della sua vita. Lenara e Jadzia si allontanarono ancora di un passo, lasciando che a tenerle unite fossero le mani intrecciate. Continuarono a camminare, parlando di tetrioni e fluttuazioni quantiche, ma la tensione era sparita: le due anime si erano finalmente trovate e avrebbero avuto il tempo di curarsi a vicenda.

Quando ritornarono verso la casa, notarono due figure davanti all’ingresso, che stavano confrontandosi animatamente: una era quella del padre di Jadzia, l’altra era invece quella di Bejal Otner, fratello di Lenara e membro del team che aveva visitato DS9 tre anni prima. Quest’ultimo sembrava essere particolarmente esagitato, visti gli ampi gesti che accompagnava a quanto stava animatamente dicendo all’uomo più anziano, le proprie parole portate dal vento leggero che aveva iniziato a tirare - e che aveva costretto le due scienziate a decidere di rientrare.

Lenara rallentò fino a fermarsi, costringendo a fare lo stesso anche a Jadzia, che comunque l’aveva sopravanzata di qualche passo prima di venir strattonata dalla compagna, con la quale si tenevano ancora per mano. Dax si voltò verso l’altra donna, con sguardo interrogativo: sapeva che Bejal aveva spinto affinché la sorella ritornasse su Trillius Prime, qualche anno prima, timoroso che venissero infrante alcune delle leggi considerate più sacre dal loro popolo.

«Cosa c’è, Lenara?» Jadzia ritornò sui propri passi, afferrandole anche l’altra mano e massaggiandole i dorsi con i pollici, cercando in qualche modo di farla rilassare e tranquillizzare con quel semplice gesto. L’altra donna prese qualche respiro profondo prima di risponderle: «Bejal è sempre della sua posizione, continua a essere convinto che io non debba infrangere le leggi del nostro popolo, al punto che oggi voleva a tutti i costi impedirmi di venire da te…»

Alzò lo sguardo verso l’altra Trill, il dolore che sembravano esser state in grado di sparire nelle ore precedenti tornato a fare bella mostra di sé nei suoi occhi azzurri. A Jadzia si strinse il cuore, ma non fece in tempo a fare alcunché che Bejal le scorse, lasciando in tronco la conversazione che stava avendo con Kela per dirigersi con passo nervoso e arrabbiato verso la coppia.

«Ah, eccoti qua!» Otner non sembrava particolarmente propenso alla gentilezza, in quel momento, spingendo Jadzia a frapporsi tra l’uomo e la sorella nel tentativo di proteggere Lenara dalla furia che sembrava pervadere l’altro scienziato. Dal canto suo, Bejal sembrò voler ignorare fino all’ultimo il fatto che Dax gli stesse bloccando il passo, probabilmente sicuro che l’Ufficiale federale si sarebbe spostata all’ultimo istante, ma ciò non accadde e, di conseguenza, il Dottor Otner si ritrovò faccia a faccia con l’altra donna nel giro di poco, venendo quindi costretto a fermarsi a pochi passi da lei.

L’uomo sembrava essere invecchiato parecchio da quando aveva lasciato DS9 con la sorella e il Dottor Hanor Prem: il viso era scavato, gli occhi erano leggermente infossati e le rughe presenti agli angoli della bocca, del naso e degli occhi davano l’impressione che Bejal Otner fosse stato sotto pressione e con non poche preoccupazioni.
Lo sguardo che lanciò a Jadzia era colmo di una rabbia profonda, quasi incolpasse lei per qualsiasi cosa lo avesse tormentato fino a quel momento, ma prima che potesse fare alcunché, Kela li raggiunse e afferrò saldamente un braccio dell’uomo più giovane, intimandogli: «Direi che ha fatto danni a sufficienza, giovanotto. Io me ne andrei, prima che succeda qualcosa di irreparabile. Qualunque decisione prenda, non sta a noi dirle cosa deve o meno fare…»

Prima che Kela potesse finire la frase, Bejal se lo scrollò malamente di dosso, rischiando di mandare l’uomo più anziano gambe all’aria. Lenara, da parte sua, riuscì appena in tempo ad afferrare Jadzia prima che quest’ultima reagisse, dando tutta l’impressione (e probabilmente lo avrebbe fatto) di voler colpire Otner con un paio di pugni ben piazzati.

«Jadzia!» Lenara la costrinse a guardarla negli occhi, entrambe le mani ad afferrarle prima le braccia per girarla verso di sé e poi il viso, costringendola a guardarla negli occhi pieni d’ira e sorridendole, cercando di tranquillizzarla.
«Lascia perdere, sappiamo entrambe non ne vale la pena! E tu non sei affatto una persona violenta, nonostante tu abbia una passione per la cultura Klingon che non capirò mai…» aggiunse, un’espressione leggermente tesa in volto, quasi avesse paura che l’altra donna facesse davvero qualcosa di sconsiderato. Jadzia, che per reazione aveva istintivamente afferrato la vita di Lenara, combatté con tutta sé stessa per cercare di calmarsi e non fare qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentita in seguito, prendendo qualche respiro profondo mentre abbassava la testa per appoggiare la propria fronte a quella dell’altra donna. Quando finalmente sembrò essersi calmata, Lenara le lanciò un ultimo sorriso incoraggiante prima di lasciarla e voltarsi verso il fratello, ancora piuttosto alterato.

«So benissimo a quali rischi io andrò incontro, Bejal. Ne abbiamo parlato e riparlato a lungo, ma sappiamo entrambi che il mio posto non sarebbe più stato Trillius Prime fin da quando ho avuto la possibilità di conoscere meglio Jadzia su Deep Space 9…» Lenara guardò di sfuggita verso Dax, prima di ritornare a concentrarsi sul fratello: «So che sarà difficile, ma sono pronta ad accettare anche l’esilio pur di stare con lei. È una decisione che avrei dovuto avere il coraggio di intraprendere tre anni fa, ma che ringrazio di avere la possibilità di intraprendere adesso.»


Il viaggio verso Deep Space Nine, a bordo di un trasporto passeggeri, durò all’incirca 36 ore: le due donne avevano lasciato Trillius Prime pochi giorni dopo l’arrivo di Jadzia dalla stazione stessa e il loro primo, doloroso incontro.
Considerato come era andata a finire con Bejal, Lenara Kahn non vedeva l’ora di lasciarsi tutto alle spalle e di allontanarsi il prima possibile dal pianeta natale, ma si rendeva anche perfettamente conto di come la compagna avesse bisogno di passare almeno qualche giorno con la propria famiglia. Quando poterono, comunque, sfruttarono ogni momento libero per stare assieme, affrontando discorsi di varia natura, non da ultimo il problema che sembrava esser sorto con la distruzione del Cristallo della Contemplazione da parte di Dukat: la scomparsa del tunnel bajoriano.

Quando, finalmente, le due donne si imbarcarono sul trasporto passeggeri diretto verso Deep Space 9, entrambe le Trill sembravano tutto sommato sollevate di lasciarsi alle spalle il pianeta e tutti gli annessi e connessi. Il padre di Jadzia le aveva accompagnate fino al complesso di teletrasporto orbitale che avrebbe permesso loro di salire a bordo del vascello.
Il viaggio procedette senza incidenti e, condividendo la cabina, passarono la maggior parte del proprio tempo in compagnia l’una dell’altra, tra lo studio di alcuni PADD, contenenti i rapporti in merito alla scomparsa del tunnel bajoriano, e conversazioni su argomenti di vario genere, il tutto condito da qualche ora di sonno passata l’una nelle braccia dell’altra.

In tutti quei giorni passati assieme, Lenara non aveva ancora trovato il coraggio di dire chiaramente a Jadzia, di dirglielo a parole, che l’amava, sebbene avesse dimostrato più volte i propri sentimenti e avesse raramente lasciato il fianco dell’altra donna, dando l’impressione di non volerla mollare ora che, finalmente, l’aveva ritrovata.
Giunte alla stazione, trovarono ad aspettarle il Dottor Julian Bashir e Quark, il Ferengi che gestiva uno dei più famosi locali lungo la Promenade: il fatto che ci fosse anche lui, di norma mai lontano dal proprio bar e dai profitti che ne poteva ricavare, fece inarcare un sopracciglio a Jadzia mentre lei e la compagna salutavano calorosamente entrambi.
«Non mi aspettavo un comitato di benvenuto,» ironizzò proprio il Comandante Dax, mentre tutti e quattro si dirigevano verso l'anello abitativo, nello specifico la sezione dov’erano collocati gli alloggi degli Ufficiali.

Quark, sempre l’inopportuno, come tre anni prima era incuriosito riguardo la storia che si dipanava dietro la relazione delle due Trill; se la prima volta, però, aveva chiesto informazioni a Julian Bashir e al Maggiore Kira, in quest’occasione aveva pensato bene di parlare con le dirette interessate, nonostante lo sguardo di disapprovazione sul volto del medico.
«… e adesso la Dottoressa Kahn, che se ricordo bene era la moglie di Torias, è tornata sulla base.»
Jadzia gli rivolse uno sguardo tra il divertito e il leggermente seccato, mentre il gruppetto continuava a camminare. Lenara, che le teneva la mano, le dita intrecciate, si lasciò andare a un leggero e quasi impercettibile sospiro di rassegnazione: non aveva mantenuto un bel ricordo del Ferengi, dalla sua precedente visita.

«Quark, all’epoca Lenara ancora non era nata,» provò a spiegargli Dax, «e il simbionte Kahn era unito a una donna di nome Nilani. Dal canto suo, Dax era ospitato da Torias.»
Lenara intervenne, pacata: «Ed erano Nilani e Torias a essersi sposati.» Fece un profondo respiro, prima di aggiungere: «Ma rimasero sposati per poco tempo, in quanto Torias morì in seguito a un incidente… rendendo quindi vedova Nilani.»

Non sembrando cogliere la leggera tensione che si era creata parlando di Torias e Nilani, Quark si grattò leggermente un orecchio, brontolando: «E figurati se era semplice! I Denobulani hanno una politica matrimoniale nettamente più semplice da comprendere!»
Bashir, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, tossicchiò, quasi a voler riprendere Quark per qualcosa che non doveva dire, portando Quark a saltare su con un: «Cosa? Cosa ho detto di male? Si sposeranno, no? O essendo già state sposate non ce ne sarà bisogno?»

Da parte loro, Jadzia e Lenara si lanciarono uno sguardo furtivo e leggermente imbarazzato, mentre tutti e quattro si avvicinavano ai loro alloggi.
«Sicuramente sarà un discorso che affronteremo, prima o poi!» Lenara prese la parola, quasi a voler togliere dall’imbarazzo Jadzia, aggiungendo: «Considera che siamo appena arrivate!»
Dal canto suo, Quark si sentì libero di continuare: «A proposito di matrimonio, il tuo ex sta continuando a farmi a pezzi una delle suite olografiche ormai da giorni, non è che potresti parlarci tu?»

Bashir, che aveva cercato il più discretamente possibile di far tacere il Ferengi o, comunque, di fargli cambiare discorso, sbuffò, esasperato e vagamente stizzito, un «Quark!!» Erano ormai giorni che Quark non faceva altro che lamentarsi della cosa, ma andare a protestare con Jadzia era davvero inopportuno. Specialmente ora che la Trill sembrava aver finalmente ritrovato se stessa.
La reazione di Lenara fu immediata, dal momento che la portò ad aumentare la stretta sulla mano di Jadzia: l’argomento “Worf” era ancora una ferita aperta, probabilmente la causa per la quale non era ancora stata in grado di esprimere a parole il proprio amore alla compagna.
Jadzia si tese a sua volta, ma comunque cercò di rispondere con nonchalance: «Certo, ci parlerò io, non preoccuparti. Ovviamente,» si volse verso l’altra donna, «se a te va bene, Lenara.»
Lenara annuì, cercando di sorriderle, ma non riuscì comunque ad allentare la propria presa sulla mano di Dax.

Nel mentre, i quattro erano finalmente giunti di fronte agli alloggi di Jadzia, la quale non potè fare a meno di notare come, fino a qualche settimana prima, quello fosse l’alloggio che condivideva con Worf.
Esitò un istante, prima di dire: «Forse dovremmo farci assegnare una sistemazione diversa...»
Bashir capì immediatamente quale fosse il problema: «Sì, penso che sarebbe una scelta saggia.»

Ma Quark, dal canto suo, non sembrava essere affatto intenzionato a demordere: «Continua a dire che te ne sei andata lasciandolo nel disonore, che dovevate fare quella cosa che io ho fatto con Grilka.»
A quelle parole, Jadzia sembrò recuperare un ricordo accantonato, qualcosa rimasto in sospeso tra le sue memorie e quelle di Dax, portandola a esclamare di colpo: «Il divorzio Klingon!»
Guardò prima Quark, poi Lenara, prima di aggiungere: «Devo assolutamente chiudere questa cosa con Worf, si è protratta troppo a lungo!»
Baciò con dolcezza Lenara sulle labbra, dopodiché si affrettò verso il turboascensore che avevano appena usato per arrivare in quella sezione della base, lasciandoli tutti a guardarsi tra lo sorpreso e il perplesso, mentre chiedeva: «Computer, dove si trova il Tenente Comandante Worf?»

***

Per qualche istante il Dottor Bashir, la Dottoressa Kahn e Quark si fissarono l’un l’altro, perplessi, senza proferir parola. Fu Quark, infine, a prendere ancora una volta la parola: «Su, cosa fate lì impalati! Dottore, apra questa porta!»
Il Dottor Bashir inarcò appena un sopracciglio al tono di Quark, ma fece quanto gli era stato chiesto sfruttando un codice medico prioritario per accedere a quelli che erano, a pieno diritto, gli alloggi di Jadzia. Lenara esitò, quasi temesse di invadere uno spazio non suo, ma alla fine seguì Bashir all’interno, una parte delle valigie in mano.

Quark, che li aveva seguiti all’interno degli alloggi di Jadzia, li pressò: «Andiamo? Non ho alcuna intenzione di lasciare quei due, da soli, in una delle mie holosuite! Non avete idea dei costi che devo sostenere per ripararne anche il più piccolo componente… e non vorrei che si impegnassero in qualche distruttivo rituale klingon!»
Alzando gli occhi al cielo, mezzo esasperato, Bashir brontolò: «Tutto sommato non avresti tutti i torti… andiamo, meglio che ci sia anche io, che con questi rituali Klingon non si sa mai cosa possa succedere!»

Lenara, che si era affiancata al Dottor Bashir, era combattuta sul da farsi: se, da un lato, non voleva rimanere da sola in un alloggio così… alieno, dall’altra non era sicura di aver compreso appieno quanto stesse accadendo, se non che sia Quark che Bashir sembravano essere piuttosto ansiosi di raggiungere Jadzia e Worf in sala ologrammi. Non aveva, però, idea a quale rituale klingon stessero facendo riferimento. E questo, in effetti, la preoccupava parecchio.
Non fece comunque in tempo a fare alcunché, che Bashir la trascinò letteralmente via dall’alloggio, dicendole: «Non vorrai mica rimanere qua, vero?»

***

La pista da ballo del Vic's Las Vegas Lounge era sorprendentemente deserta: i tavoli erano spostati ai lati, tranne che per un singolo tavolino rotondo con due sedie; il palco era vuoto, tranne che per Vic Fontaine, senza giacca e con la camicia dal colletto slacciato. L’ologramma cercava di riempire l’ambiente, altrimenti desolato, provando alcune note di Im a Fool to Want You, canzone scritta e cantata parecchi secoli prima da Frank Sinatra, famoso cantante del XX secolo.

In un angolo della sala erano accatastate diverse sedie, collocate vicino ad alcuni divanetti. Jadzia, entrando nella sala ologramma, vi scorse la figura imponente dell’unico Klingon presente sulla stazione, il Tenente Comandante Worf, seduto nella penombra. A differenza del solito, non indossava la fascia metallica che ornava fieramente il suo petto, la divisa era stranamente slacciata e i capelli sciolti, di fronte a sé un bicchiere ricolmo di succo di prugna. Non era da solo.


Seduta su un altro divanetto, posto lì accanto, c’era una giovane donna, probabilmente intravista quando la U.S.S. Destiny era attraccata alla stazione: le sembrava di ricordare che Benjamin avesse detto qualcosa in merito poco prima della sua partenza, ma non lo ricordava con precisione.

I'm a fool to want you
To want a love that can't be true

I due parlavano accoratamente e nessuno, nemmeno Vic Fontaine, si era accorto dell’arrivo di Dax. La Trill, dal canto suo, esitò: cercava di raccogliere le idee, di trovare le parole adatte per confrontarsi con il Klingon che, in un certo senso, aveva amato. Ma che, ora, si frapponeva tra lei e il suo futuro con Lenara.

A love that's there for others too
I'm a fool to hold you

In quel preciso momento, Vic mancò una nota, avendo notato per la prima volta la figura del Tenente Comandante Dax. La stonatura da parte del cantante interruppe la conversazione tra Worf e la giovane Guardiamarina Trill (a giudicare dalle macchie sul viso e dal grado presente sul collo) e portò i due ad alzare lo sguardo, per capire cosa stesse succedendo.
Gli sguardi di Worf e Jadzia si incrociarono e Fontaine, pur sapendo bene di essere “solo” un ologramma, iniziò a sudare freddo, temendo che la situazione rischiasse di degenerare. Dal canto suo, Worf si irrigidì al punto tale che la Guardiamarina gli poggiò una mano sulla spalla, cercando di calmarlo: dopo tutto il lavoro fatto, era un peccato rovinare i risultati a cui parevano essere giunti.
«Lasciala parlare,» lo ammonì, «è venuta qua per chiarirsi, non per scatenare uno scontro!»

To seek a kiss, not mine alone
To share a kiss that devil has known

Visto che il Klingon non sembrava intenzionato a fare la prima mossa, la giovanissima Trill decise sarebbe stato meglio se fosse stata lei a prendere l’iniziativa, alzandosi dal divanetto e, mentre Jadzia si avvicinava a passo lento, si presentò: «Comandante Dax. Sono il Guardiamarina Ezri Tigan, Consigliere della stazione...» Sorrise imbarazzata: «Praticante Consigliere, per la verità!»
Jadzia inarcò un sopracciglio, schiarendosi la gola: «E da quando, esattamente, abbiamo un Consigliere sulla stazione?»
«Il Capitano Sisko...» Tigan non fece in tempo a finire la frase, che Worf, alzatosi e avvicinatosi alle due donne, intervenne: «Jadzia, credevo rimanessi su Trillius Prime.»

Time and time again I said I'd leave you
Time and time again I went away

Il Guardiamarina Tigan sembrò quasi volersi sovrapporre tra i due: il percorso terapeutico intrapreso con il Klingon la portava, in qualche modo, a volerlo proteggere. E sebbene fosse strano che la minuta Guardiamarina difendesse un guerriero Klingon di quella stazza, l’effetto che Jadzia percepì fu proprio quello, di una barriera che li tenesse distanti.

Guardò con fierezza l’ex-marito: «Non ho mai avuto in programma di rimanerci… il mio posto è sempre stato qui, su Deep Space Nine...»
Worf era altrettanto deciso: «Anche il mio posto è qui.»
Jadzia conosceva bene Worf e sapeva quanto l’orgoglio l’avrebbe trattenuto dall’ammettere una qualunque debolezza e quanto l’onore che cercava nelle proprie azioni gli avrebbe imposto di mostrarsi fiero anche in una situazione di questo tipo.
Decise, quindi, di non sminuire ciò che il Klingon provava e di offrirgli una sfida: «Dovremo abituarci, allora. E so che per te non sarà facile.»
Worf spostò leggermente Ezri, per potersi ulteriormente avvicinare a Jadzia: «Ho accettato il divorzio pur non avendone pienamente compreso le ragioni.»

But then would come the time when I would need you

Mentre Jadzia si spostava di lato per avere più spazio nel suo confronto con Worf, le porte della sala ologrammi si aprirono per lasciar entrare il Dottor Bashir, Quark e la Dottoressa Lenara Kahn. Questa volta Vic notò l’ingresso dei nuovi arrivati e smise di cantare, lasciando il palco per dirigersi in fretta e furia verso di loro e spiegare cosa stesse accadendo tra Jadzia e Worf.
Quark, dal canto suo, non voleva sentir alcun tipo di ragione: quella, in fondo, era la sua sala ologrammi e, tutto sommato, anche il programma poteva considerarsi suo, sebbene fosse stato progettato dal Dottor Bashir. Scartò Vic di qualche passo e si lanciò in una sferzante incitazione: «Diglielo, stupido bestione!». Bashir e Lenara, erano rimasti leggermente indietro, raggiunti dall’ologramma, che sommessamente stava spiegando loro a grandi linee la situazione.

Da parte sua, Jadzia si era sforzata di sopprimere un sorriso: non si era resa conto del loro arrivo fino a quando Quark non si era palesato in maniera così evidente. Si era ritrovata in difficoltà su come affrontare il discorso con Worf, ben sapendo quanto fosse stato difficile per il Klingon accettare tutta la situazione, ma ora sembrava aver trovato le parole che aveva faticato a individuare da quando lo aveva rivisto: «Tu vuoi un divorzio secondi i rituali Klingon!»
Dal canto suo, Worf annuì solennemente: «Devo salvaguardare non solo il mio onore, ma anche il tuo. E tu dovrai uscire dal Casato di Martok!»
La Trill trovò molto semplice pronunciare le successive parole, anche lei in tono solenne: «Worf, figlio di Mogh, ti concedo il divorzio!» Con questo, la donna diede un potente ceffone al volto del Klingon, inducendo Lenara, alla quale si erano inumiditi gli occhi, a portarsi entrambe le mani alla bocca, sorpresissima dalla piega presa dagli eventi.

Nel frattempo, Vic Fontaine aveva lasciato Bashir e gli altri per tornare sul palco, dove aveva ripreso a intonare I’m a Fool to Want You; le luci, quasi avessero vita propria, sembravano stringersi su Jadzia e Worf.

Time and time again I said I'd leave you
Time and time again I went away

«N'Gos tlhogh cha

La formula Klingon per il divorzio fu recitata con fierezza da Jadzia: il matrimonio era ufficialmente rotto, sia per le norme Federali che per quelle Klingon. I testimoni presenti avrebbero potuto confermare la regolarità del rituale, così come richiesto dalla tradizione Klingon.
Bashir si rivolse a Quark, incuriosito da come una specie ricca di spiritualità e ritualità complesse come quella Klingon potesse risolvere un matrimonio con una semplice frase: «Tutto qua?»
«No, no, manca ancora qualcosa!» Quark si lasciò scappare un sorriso compiaciuto e, dopo un istante, Jadzia completò il rituale sputando sul volto di Worf il quale, con piglio piuttosto sdegnato, si pulì il viso con un mano, rispondendo poi con un urlo belluino all’indirizzo della Trill.

«Ora è finito!» Quark stava sogghignando apertamente: «Con la differenza che io mi ero guadagnato un bel bacio, dopo!»
Bashir inarcò un sopracciglio, domandandosi se il Ferengi lo stesse prendendo in giro: «Un bacio?»
Quark si strinse nelle spalle, prima di affermare, un compiaciuto «Ah, cosa faccio io alle donne…!!», facendo scrollare il capo a un esasperato Bashir.

Durante lo scambio di battute tra il medico e il Ferengi, Worf si era allontanato da Jadzia tutto impettito, avvicinandosi a Ezri Tigan, che aveva lasciato spazio ai due “contendenti” nella speranza che le lunghe ore di terapia potessero esser servite realmente a qualcosa. Dal canto suo, l'imponente Klingon sembrava finalmente sollevato e quando la giovane Consigliere gli porse la fascia metallica che portava le sue decorazioni e l’emblema del casato di cui faceva parte, la indossò con una rinnovata fierezza.
Dopodiché, i due si incamminarono verso l’uscita, incrociando Bashir, Quark e la Dottoressa Khan.

Il Dottor Bashir ed Ezri si salutarono con un lieve sorriso, mentre il Klingon riservò un ringhio sommesso al Ferengi, il quale arretrò velocemente di un passo, atterrito. L’istante successivo, gli occhi di Worf incrociarono quelli di Lenara e i due non smisero di fissarsi fino a quando l’imponente ufficiale non dovette girarle le spalle per uscire dalla sala ologrammi.
A quel punto Julian afferrò Quark per un braccio, trascinandolo via prima che il Ferengi rovinasse tutto con una delle sue solite uscite, e nel Vic’s Lounge rimasero solo Jadzia e Lenara, accompagnate sempre dalle parole di Vic, il quale aveva ritrovato la sua giacca e, ora, la indossava elegantemente come sempre.
Da dietro le quinte erano apparsi anche i musicisti che, uno dopo l’altro, aggiungevano note e musica alle parole del cantante.

Lentamente, Lenara si avvicinò a Jadzia, un enorme senso di sollievo che pervadeva ogni fibra del suo essere: il grosso peso che, fino a quel momento, l’aveva accompagnata si era finalmente dissolto. Quando finalmente raggiunse Jadzia, le sfiorò delicatamente un fianco, portando l’altra donna a girarsi verso di lei.

But then would come the time when I would need you
And once again these words I'll have to say

Gentilmente, le cinse il collo con entrambe le braccia e la baciò dolcemente sulle labbra, prima di guardarla negli occhi azzurri: «Ti amo.»
Dopodiché, si lasciò  andare a un lungo abbraccio, ricambiato fieramente da Jadzia, che affondò il proprio viso tra i suoi capelli, lacrime di commozione che le scendevano sul viso.

Take me back, I love you
Pity me, I need you

Dopo quella che sembrò un’eternità, le due donne si separarono leggermente: Jadzia sollevò dolcemente il viso di Lenara per perdersi nei suoi occhi, prima di baciarla a sua volta.

I know it's wrong, it must be wrong
But right or wrong, I can't get along without you.


Commenti

  1. Complimenti...descruzioni chiare e racconto davvero ben fatti e coinvolgenti. Brava

    RispondiElimina

Posta un commento