IERI, OGGI, DOMANI (G)

Anche quell’ultima, pazza missione era stata portata a compimento, nonostante l’intervento non necessariamente utile di Q: tutto era finito per il meglio e l’umanità aveva superato anche quella prova che il Continuum aveva architettato per testare la ‘maturità’ della loro specie.

Non che Jean-Luc Picard, ufficiale comandante dell’ammiraglia, fosse particolarmente felice dell’ennesima interferenza di una delle più potenti, nonché più dispettose, entità aliene da lui incontrate durante i suoi anni di servizio nella Flotta Stellare.
Ma, e c’era da farlo presente, non si poteva comunque negare che l’intervento di Q avesse in qualche modo messo in moto una serie di riflessioni che l’uomo aveva lasciato da parte dopo quanto accaduto sul Kesprytt III e il successivo rifiuto, da parte della Dottoressa Crusher, di impegnarsi a esplorare i sentimenti che nutrivano l’uno per l’altra.

Il fatto che, nel futuro ipotizzato da Q, un Picard affetto da Sindrome Irumodica si fosse sposato e successivamente divorziato da Beverly Crusher, vedova di uno dei suoi più cari amici, Jack Crusher, lo aveva un po’ amareggiato, a dire il vero.
Nel proprio intimo, infatti, aveva sempre sperato di riuscire a vedere il giorno in cui si riuscisse ad andare oltre i limiti imposti, e autoimposti, dalla Federazione Unita dei Pianeti e da loro stessi, ma già una volta la Crusher aveva preferito non correre il rischio di rovinare la loro amicizia.
E come poteva biasimarla? Se quanto Q gli aveva mostrato era veritiero, allora Beverly non aveva tutti i torti a temere che le cose, tra di loro, sarebbero andate male. Del resto, da lì a 25 anni sarebbero stati ben che divorziati e non necessariamente in buoni rapporti, quindi perché mettersi in gioco e a rischio sapendo già come sarebbe andata a finire?

Gli sovvenne alla mente una conversazione avuta con la stessa Beverly durante la crisi, quando credeva di essere nel ‘proprio tempo’. La donna lo aveva seguito nel suo ufficio, dopo che Picard aveva lasciato il comando della plancia al Comandante Riker, suo fidato braccio destro, e gli aveva prescritto un latte caldo con noce moscata e otto ore di sonno, visto che in quella linea temporale non aveva riposato a sufficienza. Ricordava ancora la conversazione che era seguita alle disposizioni mediche della donna, conversazione che gli aveva dato in qualche modo speranza.

Visto che Beverly gli era sembrata giù, in qualche modo, si era ritrovato a chiederle con voce calda e rassicurante un «Cosa?», seguito dal prenderle le mani tra le proprie e costringerla ad alzare lo sguardo chiamandola per nome: «Ehi, Beverly…»
Le parole che l’Ufficiale Medico Capo dell’Enterprise gli aveva rivolto erano state, probabilmente, le ultime che si aspettava: «Come medico, è spesso mio compito dare alle persone notizie poco piacevoli, dicendo loro che necessitano di un’operazione chirurgica o che non possono aver figli o che possono essere costretti ad affrontare una malattia difficile…»
Al che, lui aveva commentato, sempre gentilmente: «Hai detto tu stessa che questa potrebbe essere solo una possibilità.»
«Ma tu sei stato nel futuro… sai cosa potrà accadere!» Crusher non gli era sembrata affatto rasserenata dalle sue parole, portandolo a stringerle con maggiore dolcezza le mani e a sorriderle, rassicurante, prima di dirle: «Preferisco guardare al futuro come qualcosa che non sia deciso e immobile… molte cose possono accadere in 25 anni.»
Lei si era limitata a osservarlo per un istante, prima di chinarsi a baciarlo e a sussurrare: «Molte cose possono accadere.»
Dopodiché, aveva lasciato la stanza, con lui che la seguiva pensieroso con lo sguardo.

Quello era forse stato uno degli unici casi della sua esperienza che non aveva condiviso integralmente con i propri ufficiali superiori, men che meno con la stessa Crusher. Non voleva che la donna si sentisse spinta a cambiare radicalmente idea sulla natura della loro relazione: se si trovava più a suo agio così, da amici, lui non avrebbe fatto altro che accettarlo e rimanerle vicino.

Il Consigliere Troi sembrava aver avvertito che Picard nascondesse qualcosa, ma aveva preferito non indagare troppo, nel timore forse di aprire un vaso di Pandora e di toccare tasti che il proprio Capitano e amico non aveva ancora intenzione di affrontare in maniera diretta. Sin dai primi giorni a bordo dell’Enterprise-D, ormai sette anni prima, il Consigliere aveva avvertito una sorta di profondo legame emotivo tra i suoi due colleghi che solo con il tempo, e una maggiore e approfondita conoscenza di entrambi, era riuscita a identificare con una terminologia cara ai betazoidi: Imzadi.

Parimenti imperscrutabile era stata la stessa Dottoressa Crusher, che aveva fatto ben pochi commenti legati all’eventualità del matrimonio e della successiva separazione tra lei e il Capitano Picard da lì a venticinque anni.
Non era chiaro, al Consigliere, di cosa avesse paura l’amica e collega, nonostante fosse a conoscenza del fatto che il suo precedente marito, il Tenente Comandante Jack Crusher, fosse morto in servizio, proprio sotto agli occhi di un impotente Picard. Era quindi possibile che, per quanto a livello inconscio, la donna ancora incolpasse Jean-Luc di quanto accaduto?

Ma fu proprio Beverly Crusher, sorprendentemente, a prendere in mano la situazione, affrontando di petto il discorso con Jean-Luc una mattina, a colazione, prima di un turno.
Colazione che, con il passare del tempo, era diventata una loro piacevole abitudine e un appuntamento fisso, mai interrottosi, nemmeno dopo quanto accaduto sul pianeta di Kesprytt III. Il loro legame, sbocciato e formatosi quando Jack li aveva presentati e successivamente rinsaldatosi, si era rafforzato nel corso degli anni passati a servire fianco a fianco, e ci voleva davvero qualcosa di irrimediabile affinché si spezzasse.

«Sai, Jean-Luc, stavo ripensando a quanto hai raccontato della tua ultima esperienza con Q implicato...» esordì, a un certo punto Beverly, con nonchalance, mentre prendeva un sorso dalla propria tazza di caffè.
«Sì?» Picard non poté fare a meno di chiederle, invitandola a continuare il discorso.
«Hai detto che, nel futuro ipotizzato da Q, tu saresti stato affetto da Sindrome Irumodica, ma non hai fatto menzione di come le cose fossero andate tra noi. Cosa è successo? Per davvero?»
Uh-oh, pensò Picard, muovendosi leggermente a disagio sulla sua sedia. Dejà-vu. Dopo aver preso un profondo respiro ed essersi schiarito la gola, finalmente le rispose: «Beh, abbiamo deciso di evolvere a uno stadio successivo il nostro rapporto, intraprendendo una relazione sentimentale che ci ha portato a sposarci. Come ti ho accennato, hai deciso nel frattempo di perseguire la carriera di comando e sei riuscita a ottenere il rango di Capitano, diventando Ufficiale Comandante di un vascello medico: la U.S.S. Pasteur.»
«Sì, ricordo che lo avessi detto. Hai anche accennato a qualche piccola scintilla tra noi?»
«Per quando la Sindrome Irumodica mi ha costretto a disertare il servizio attivo e a ritirarmi, noi eravamo ormai divorziati. Non so esattamente il motivo per cui questo sia accaduto, so soltanto che è successo.»

La donna, seduta all’altro capo del tavolo, annuì silenziosamente, prendendosi con calma il tempo per riflettere e per ponderare bene quanto avrebbe detto di lì a breve. Infine alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di Picard, e disse: «Conoscendo Q, sarà sicuramente stato un suo trucchetto per vedere come avresti reagito, organizzando il tutto affinché sembrasse che tra noi non sarebbe comunque andata bene.»
«A cosa pensi, Beverly?» Picard non potè fare a meno di chiedere, ancora a disagio.
«Stavo riflettendo su quanto accaduto qualche mese fa,» ponderò la donna, mentre girava pigramente la tazza tra le mani. «dopo la nostra breve avventura su Kespritt.» Jean-Luc le fece cenno di continuare, curioso di capire dove la donna volesse andare a parare: «Beh, Q ti ha mostrato un futuro, ma non deve essere necessariamente il futuro giusto. Anzi, magari è solo stato il frutto della sua perversione nel testare le altre razze da lui considerate inferiori. Nel testare te. Alla fine, Jean-Luc, lo hai detto tu stesso che Q ha ammesso di aver organizzato il tutto solo per metterti nuovamente alla prova.»

L’uomo si prese, a sua volta, del tempo prima di risponderle: non voleva sperare troppo, visto che già una volta si era trovato con una porta sbattuta in faccia. Non è che ci tenesse a ripetere l’esperienza, tutto sommato. Ecco perché decise di muoversi con estrema cautela su quello che gli pareva un terreno minato: «Non sono particolarmente sicuro se Q volesse testarmi sotto quello specifico aspetto, però. Non in maniera così poco plateale, almeno. Considera già solo cosa aveva messo in piedi quando ci ha portati nella Foresta di Sherwood, facendoci passare per Robin Hood e gli Allegri Compagni della Foresta.»
«Conosci Q, Jean-Luc. Non ha mai perso occasione, in questi anni, per prendersi gioco di te, in un modo o nell’altro. Magari questa volta avrà avuto più di un obiettivo, non trovi?»

A quel punto, Picard le lanciò uno sguardo perplesso, non comprendendo dove la donna volesse arrivare a parare: era molto più diretta di così, di solito. Sembrava quasi che anche lei stesse camminando un po’ sulle uova, ma non riusciva a capire il perché, il che lo spinse a chiedere (riecheggiando qualcosa di molto simile a quanto accaduto durante la sfida proposta da Q): «Cosa c’è, Beverly?»
Questa volta fu Crusher a prendere un profondo respiro, prima di affrontare il discorso in maniera più diretta: «Sai, potrei aver sbagliato qualche mese fa. A voler ostinarmi a non impegnarmi in qualcosa di più, con te. Ammetto di aver avuto paura. Di aver ancora adesso paura, Jean-Luc.» Lo guardò negli occhi, cercando di spiegare semplicemente cosa l’avesse davvero trattenuta a mettersi in gioco; dal canto suo, lui non fece niente per forzarla, lasciandole anzi il tempo di elaborare quanto voleva dirgli.
Lei prese il coraggio di continuare: «Non so cosa accadrà da qua a venticinque anni, non so se davvero tu sarai affetto o meno dalla Sindrome Irumodica e non so se ci sposeremo o meno. Ci sono tante cose che non so, ma, se per te andasse ancora bene, so di volerci dare una chance.»

Jean-Luc Picard sorrise tra sé: la conversazione, per quanto strana, aveva davvero il sapore di dejà-vu, sebbene la situazione in cui entrambi si trovassero sembrasse molto meno tensiva rispetto a quella nel suo ufficio, durante la gestione della crisi indotta da Q.
Notando lo sguardo interrogativo della Dottoressa Crusher, si affrettò a ritornare all’argomento attualmente sul piatto: «Nessuno di noi sa cosa accadrà tra venticinque anni, Beverly. E no,» aggiunse, «non sono convinto che il futuro sia già stato scritto. Che sia tutto predestinato. Nemmeno io so come andrà a finire.»

Le sorrise gentilmente, alzandosi e avvicinandosi a lei. Le prese le mani tra le proprie, facendola alzare a sua volta e aggiunse: «Beverly, i miei sentimenti non sono cambiati in questi mesi. Sarà molto difficile, credo, che possano cambiare. Non posso negare che il tuo rifiuto di qualche mese fa mi abbia ferito, ma,» e qua le strinse con dolcezza le mani, «avrei aspettato fintantoché tu ne avresti avuto bisogno. Ma sono altrettanto pronto a darci una chance

Lei ricambiò il sorriso dell’uomo di fronte a lei, sollevata. Non avrebbe mai creduto che Jean-Luc l’avrebbe davvero aspettata: si era dimostrata particolarmente ferma nella sua decisione di non perseguire una relazione amorosa con lui, ferendolo profondamente. Il fatto che, nonostante tutto, lui si fosse mantenuto fermo nei suoi sentimenti per lei e fosse disponibile, dopo tutto quel tempo, a dare davvero una chance alla loro relazione la esaltava.
Liberò le mani dalla sua presa e scivolò tra le sue braccia, sorridendo e rilassandosi definitivamente quando l’uomo la strinse a sé con dolcezza. Una sensazione di calore e di sicurezza la avvolse quando le braccia di lui si strinsero, protettive.

Nello specchio collocato vicino al replicatore, esattamente di fronte a lui, Jean-Luc Picard vide il riflesso di loro due abbracciati, finalmente trovatisi dopo essersi cercati a lungo, per tanti anni. Distolse lo sguardo e si lasciò avvolgere dai lunghi capelli rossi della sua… collega? amica? compagna?
Cercò il termine giusto, ma senza davvero trovarne uno che potesse andare sufficientemente bene, decidendo quindi che non era assolutamente il caso di fornire una definizione: il futuro avrebbe trovato le parole più adatte.
Non badò più al riflesso, non facendo di conseguenza in tempo a vedere il volto di Q, proprio dentro quello specchio, sorridere compiaciuto e sparire con uno schiocco di dita.

Commenti

  1. Non seguo assiduamente questa serie ma devo dire che leggendo il tuo articolo sempre ben fatto sembra di aver visto anche questo episodio

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  2. Bellissima fanfiction che mette al centro Picard e Crusher, loro due mi sono sempre piaciuti molto e avrei voluto vederli come coppia.

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  3. Li ricordo loro due, e devo dire che sempre tanto li ho apprezzati dunque questa fan fiction è stato davvero un balsamo per il mio fandom!

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  4. Questa fanfiction mi ha riportato indietro nel tempo, quando trasmettevo la tng in tv e io loro due li vedevo benissimo insieme.

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  5. Complimenti per l’idea, che mi è piaciuta molto e avrei voluto vedere nella serie o anche come scena bonus nei dvd. Ho scoperto ora il tuo sito e mi piace molto, voglio leggere altro di tuo perché Star Trek mi piace molto. Ho visto anche le storie di Lenara e Dax che sono un’altra cosa insoluta che mi è sempre dispiaciuta. Brava Chiara Saroglia!

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