ILLUSIONI DEL DESTINO (T)
Ezri sapeva benissimo quanto Julian avesse ragione: alla fine, nonostante i consigli che le potevano offrire i suoi amici, sarebbe stata lei a decidere, e nessun altro. Qualunque scelta avrebbe fatto, ci sarebbero state delle conseguenze alle quali lei sarebbe dovuta andare in contro, volente o nolente. Ma cosa fare?
Fu, infine, alla vigilia del rientro della delegazione Trill su Trillius Prime che le due donne riuscirono, per un qualche strano scherzo del destino, a incontrarsi da Quark: Julian, a causa di una emergenza medica improvvisa, aveva lasciato di fretta il proprio appuntamento con Ezri e la ragazza si era ritrovata da sola al tavolo a finire il suo pasto e a osservare malinconicamente il posto vuoto di fronte a sé.
Lenara, che aveva assistito alla scena dal bancone del bar davanti a un bicchiere ormai vuoto, non aveva potuto fare a meno di cogliere l’occasione per avvicinarsi e poter finalmente fare due chiacchiere con l’altra Trill: si rendeva conto di quanto la situazione fosse stata imbarazzante e difficile per entrambe, in quel loro primo e unico incontro. Voleva, in qualche modo, fare ammenda e cercare di capire chi fosse questo nuovo ospite di Dax, che teneva con sé le memorie di Jadzia pur non essendo più lei.
Per la Dottoressa Kahn quelli erano stati giorni non molto interessanti da un punto di vista lavorativo, ma comunque particolarmente stressanti: in ogni ambiente in cui si trovava, immancabilmente non poteva fare a meno di pensare a Jadzia e a cosa si fosse persa, con quel rifiuto così affrettato e netto di quasi quattro anni prima. E, ora, Jadzia non c’era più, sebbene una parte di lei sarebbe comunque sopravvissuta fino a quando il simbionte Dax fosse rimasto in vita.
Nonostante le comunicazioni ufficiali e i rapporti, non era riuscita a convincersi del fatto che Jadzia fosse morta fino a quando, rimesso piede a bordo di Deep Space 9, non si era ritrovata davanti al nuovo Consigliere della stazione: a quel punto una marea di emozioni contrastanti le si era riversata addosso, impedendole di fare qualcosa di più che semplicemente rimanere a farsi investire dal fiume di parole della giovane e impacciata Trill che ora ospitava il simbionte Dax.
Non poteva, però, lasciarsi scappare quell’ultima occasione e, schiarendosi la gola per attirare l’attenzione di Ezri, chiese: «Posso accomodarmi qua, Tenente?»
Dax sussultò, alzando lo sguardo verso la scienziata. Appena la riconobbe, arrossì visibilmente e sembrò agitarsi, tuttavia prese il proprio coraggio a due mani e le fece un cenno di assenso, indicandole la sedia libera di fronte a lei: «Cosa posso fare per te - si corresse - lei?»
Lenara prese un profondo respiro, mentre si accomodava: «Se va bene lo stesso, possiamo lasciar da parte le formalità: dopotutto, non siamo completamente estranee l’una all’altra.»
Ezri, da parte sua, le rispose semplicemente con un cenno del capo, rimanendo in silenzio e lasciando all’altra Trill tutto il tempo necessario per riorganizzare i pensieri ed elaborare quanto desiderasse dirle o, semplicemente, sapere.
Passarano diversi minuti in silenzio prima che Lenara osasse prendere la parola, affrontando il discorso che più le premeva affrontare: «Ti chiedo scusa per il comportamento tenuto in questi giorni e quando sono arrivata alla base: nonostante le informazioni circolino piuttosto in fretta, durante il periodo di guerra, non ho mai voluto credere che Jadzia fosse davvero morta...»
Ezri sorrise appena, nervosamente: «Sappiamo entrambe che, in qualche modo, una parte di Jadzia sarà sempre viva: in me.»
L’altra donna assentì, ma non poté fare a meno di controbattere amaramente: «Non è comunque la stessa cosa. E l’ho scoperto a mie spese in ben due occasioni: quando ho conosciuto Jadzia e quando lei è morta. No,» scrollò il capo amaramente, «quando ho deciso di non rimanere a bordo quattro anni fa.»
Ezri riconobbe il rimpianto nelle parole di Lenara e fece appello alle sue doti professionali per cercare di sostenere la donna. Posò il tovagliolo che aveva tra le mani e cercò di lisciarlo sul tavolo, poi inspirò. Alzando lo sguardo vide gli occhi azzurri della scienziata su di lei: aspettava una sua parola, un suo cenno, cosa che la spinse a darle quello che si aspettava di ottenere: «Jadzia ha sofferto molto, quattro anni fa.»
Lenara cercò di mantenere una forma di contegno: sapeva perfettamente quanto dolore avesse inferto a Jadzia e averne la conferma dalla diretta - o quasi - interessata non era affatto di consolazione.
Ezri, nel mentre, si sentì in dovere di specificare: «È uno dei ricordi più vividi che ho ritrovato in Dax, su quel periodo.»
Lenara allontanò con un gesto un cameriere ferengi che si era avvicinato al tavolo, desideroso di prendere un’ordinazione. I suoi pensieri erano concentrati su Ezri: «Non ho mai avuto davvero il coraggio di ritornare indietro. O, almeno, anche solo di ricontattarla.»
I ricordi di Jadzia e la forza dei suoi sentimenti iniziavano a fare breccia nella mente di Ezri. La giovane Trill non disponeva della preparazione e della disciplina necessaria per arginare quel flusso così potente di emozioni e non potè fare a meno di ricordare a se stessa in quali condizioni di emergenza avesse accolto il simbionte Dax e come, dove altri Trill si erano trovati ad avere anni di preparazione all’essere uniti, lei avesse avuto un discorso di soli 15 minuti, nonostante ormai fosse passato più di un anno dall’unione.
Cercò di reprimere il dolore che sentiva crescere dentro di lei, pensando che la donna che aveva davanti stava soffrendo quasi alla stessa maniera, per un amore in qualche modo negato, sebbene da sé stessa.
Strinse i denti, cercando di frenare il magone che le stava crescendo nel petto: «Vorrei poterti dire che non ti ha mai dimenticato, e probabilmente è così. Ma poi...»
Le si strozzarono le parole in gola: nella sua mente echeggiavano ringhiose effusioni d’amore, momenti di lotta e amplessi passionali, feroci come solo due anime Klingon potevano condividere.
Lenara capì: «...ma poi ha avuto modo di conoscere meglio qualcun altro.»
Le parole le bruciarono in gola: forse bere qualcosa non era poi una brutta idea. Si guardò attorno, cercando quel cameriere che prima aveva allontanato.
Gli occhi di Ezri erano ancora su di lei: la giovane Trill, normalmente meno audace, aveva trovato nella forza di Jadzia il coraggio di sostenere il discorso. E Lenara voleva delle risposte: «E si è innamorata di lui?»
Ezri si mosse a disagio sulla propria sedia, sapendo che la risposta che avrebbe fornito non sarebbe stata quella che l’altra donna voleva sentirsi dare: «Sì, si è innamorata di lui - si morse il labbro - scusami, forse non è questo che volevi sentirti dire.»
Lenara non poté comunque fare a meno di battere il ferro finché era caldo: «Lo amava sul serio? O, in qualche modo, ha subito un'influenza di qualche tipo?»
Dal canto suo, Ezri arricciò appena il naso, non capendo in realtà dove la donna volesse arrivare con la sua domanda, portandola a chiedere inevitabilmente: «Cosa vuoi dire?»
Lenara si chiese cosa stesse davvero cercando. Aveva accettato l’incarico di tornare su Deep Space 9 ben consapevole di non essere necessaria: gli studi sul tunnel bajoriano erano fermi da anni a causa della guerra e quello che il Dipartimento Astrometrico di Trill aveva richiesto erano delle semplici metriche che qualunque assistente alle prime armi avrebbe potuto acquisire, ma lei aveva approfittato del suo rango per inserirsi nella delegazione scientifica.
In un certo senso voleva avere l’occasione di tornare sulla stazione, di avere la conferma che il suo rifiuto di quattro anni prima non aveva sconvolto la vita di Jadzia come, in realtà, aveva sconvolto la sua, ma ora si stava incaponendo: voleva andare a fondo e scoprire se fosse davvero Jadzia ad amare chi era arrivato dopo di lei, quasi come se non volesse credere che si fosse costruita una nuova vita senza di lei. Anche Kahn, il simbionte che portava nel ventre non la stava aiutando, restituendole le sensazioni che Nilani, la donna che aveva ospitato il simbionte Kahn prima di lei, aveva provato quando era rimasta vedova di Torias Dax.
Ezri, rendendosi conto che Lenara si era persa tra i pensieri, ripetè la domanda: «Lenara? Cosa vuoi dire?»
Lenara si riprese, chiamata alla realtà dalla voce di Ezri che, incredibilmente, le parve molto simile a quella di Jadzia: «Sei tu il Consigliere, sai meglio di me come funziona la psiche di un individuo... in questo caso la tua - si corresse - di Jadzia.»
Ezri scosse lievemente il capo: «Non credo che il modo di dire ‘Medico cura te stesso!’ si possa applicare anche ai Consiglieri.»
Finalmente un altro cameriere si avvicinò al tavolo, ritirando il piatto e le posate di Ezri. Lenara accennò a ordinare per entrambe qualcosa da bere. Propose un raktajino, quasi a verificare quanto di Jadzia ci fosse in Ezri, ma la giovane Consigliere la fermò con un gesto della mano. Lei era soddisfatta di ciò che aveva già mangiato e bevuto e un raktajino, il fortissimo caffè klingon, non era affatto la sua bevanda preferita. Lenara ripiegò su un Balso Tonic, una bevanda tipica del suo mondo natale che qualunque umano avrebbe scambiato per succo di cetriolo.
Dopodiché, riprese il discorso: «Si era davvero innamorata di Worf? Al punto tale da... riuscire, in qualche modo, a ‘dimenticarsi’ di me?»
Ezri attese che la donna bevesse un primo sorso della sua bibita, arrivata celermente. Lenara aveva trovato la forza di nominare Worf, colui che era diventato il marito di Jadzia e dal quale lei avrebbe avuto un figlio, se solo Dukat non avesse posto termine alla sua vita. Ezri recuperò dalla memoria di Dax un ricordo molto specifico: «Sai, penso che ti avesse invitato al matrimonio solo per farti vedere quanto fosse felice.»
Lenara appoggiò il bicchiere sul tavolo, senza lasciarne la presa. Ezri continuò: «Una sorta di ripicca. Almeno è così che la ricorda Dax. E forse questo vuol dire che non si era 'dimenticata' di te.»
Lenara portò anche l’altra mano sul bicchiere, cercando nervosamente di cancellare le goccioline di condensa dalla superficie. Ezri attese ancora prima di parlare. L'argomento metteva a disagio entrambe le donne.
«Tu non sei venuta... andata al matrimonio, vero?»
Lenara fissava il bicchiere, tracciando segni imperscrutabili sul vetro umido: «No... non sono andata. Troppe ferite aperte. Troppi rimorsi - affiorarono ancora una volta i ricordi di Nilani - troppo dolore.»
Ezri le lanciò uno sguardo compassionevole: «Sai, credo che anche Jadzia fosse ancora ferita. E credo che Dax volesse aiutarla ad andare avanti, in qualche modo...»
Lenara sorrise amaramente, rispondendo quasi con una traccia di rancore nella propria voce: «Dax… ha avuto un modo tutto suo per proteggere Jadzia, vero? Per esempio, facendola influenzare da Curzon, giusto?»
Ezri stirò un sorriso sulle proprie labbra, mentre altri ricordi di Jadzia riaffioravano, sicuramente portati in primo piano dal suo simbionte: «Curzon ha sempre influenzato molto Jadzia, lo sai anche tu… non mi spiegherei, altrimenti, la sua feroce passione per i Klingon, accentuata proprio dopo l’unione con il simbionte.»
Lenara si appoggiò allo schienale della sua sedia, la bevanda dimenticata di fronte a lei, l’amarezza ora chiaramente evidente nei propri movimenti, oltre che nella propria voce: «Al punto tale da dare l'impressione di volersi, in qualche modo, vendicare?»
«Beh - le rispose Ezri - la vendetta è un piatto che va servito freddo. Di sicuro questo detto piaceva molto a Curzon e ai Klingon. E Jadzia ha amato entrambi, in un certo senso.»
Lenara incrociò le braccia sul proprio petto, quasi a volersi difendere da quanto stava per chiedere e scoprire: «Più di quanto non abbia amato me...?»
«Lenara, io non sono Jadzia. Non so tutto di lei. Però posso dirti che, sebbene non subito, è poi riuscita a perdonarti.» Ezri, nonostante la presenza di Dax e le sue esperienze passate, non sapeva davvero più come interfacciarsi con l’altra Trill e, anzi, più la conversazione andava avanti e più riteneva che fosse tutto sbagliato: sarebbe dovuta essere Jadzia lì, non lei.
Lenara la distrasse dai suoi pensieri, mormorando qualcosa che la costrinse a prestare attenzione - «Curzon... maledizione e, al tempo stesso, benedizione di quella donna…» - e che la portò a rispondere, quasi di getto: «Posso dire che non è facile avere un piccolo Curzon dentro di me!»
Lenara, che nel mentre aveva abbassato lo sguardo sulle proprie mani strette in grembo, lo rialzò con gli occhi pieni di speranza verso Ezri, mormorando un debole «Cosa...?» Aveva riconosciuto quelle parole, quasi le stesse che lei aveva detto a Jadzia respingendola per un’ultima volta quattro anni prima, dando la colpa ancora una volta alla forza di Curzon nel simbionte Dax. Ezri, dal canto suo, avvertì l’eco lontano del desiderio di accarezzarle il volto, fortemente influenzata dai sentimenti provati da un’altra persona, in altri tempi ora stranamente remoti.
Tossicchiando imbarazzata, fece per alzarsi: «Forse è meglio che torni ai miei doveri.»
Lenara non poté trattenersi dal fermarsi, nonostante la reazione precipitosa dell’altra e la tensione ora sempre più palpabile: «Aspetta…»
Ezri, dal canto suo, ormai completamente in piedi, cercava una scappatoia plausibile per andarsene: «Julian... il Dottor Bashir avrà sicuramente bisogno di una mano.» Stava chiaramente arrancando, alla ricerca di una scusa qualsiasi che le potesse permettere di chiudere sul momento la conversazione: non era riuscita a trattenere le parole su Curzon, vecchia memoria di Jadzia che Dax si era lasciato sfuggire nel momento sbagliato.
Lenara non poté trattenersi dal chiedere, ora con una traccia di amarezza innegabile nella voce: «Julian...?»
Ezri le rivolse uno sguardo quasi colpevole, mentre cercava in qualche modo di giustificarsi: «Lenara... come ti ho detto prima, io non sono Jadzia. E non posso esserlo.»
L’altra donna distolse gli occhi da Ezri, un’espressione affranta in volto, mentre lasciava spaziare il proprio sguardo sul resto del locale: «No, immagino di no…»
Il Consigliere fece istintivamente per allungare una mano, con l’intenzione di consolare in qualche modo la scienziata, ma quest’ultima si scostò quel tanto che bastava per farle capire che il gesto non era apprezzato e, quindi, accettato. Dax non poté comunque fare a meno di provare a dire qualcosa, per quanto inutile potesse sembrare, scusandosi, anche se non sapeva bene per cosa lo stesse facendo.
Kahn scrollò il capo, amarezza e rassegnazione increspavano l’aria tra di loro: «Ma hai ragione. Ho perso la mia opportunità... quattro anni fa. Quando ho deciso di andarmene.»
Ezri avrebbe davvero voluto abbracciare Lenara, consolarla in qualche modo: grazie ai ricordi di Dax, sentiva di conoscere profondamente la donna. Non desiderava vederla soffrire e i ricordi di ben due ospiti precedenti, Jadzia e Torias, affiorarono prepotentemente in lei, rischiando di farla cedere a sensazioni e sentimenti che non sentiva propri. Ma il momento passò in fretta come era arrivato ed Ezri, rivolgendo un ultimo sorriso imbarazzato a Lenara, se ne andò, lasciandosi alle spalle e per sempre il passato di Jadzia.
Racconto scritto benissimo, poi ambientato nell'universo star trek è ancora più avvincente.
RispondiEliminaComplimenti, si legge bene e con curiosità!